L'epifania di Mamre - Sr. Marie Anastasia


In preparazione alla festa della santissima Trinità, condividiamo una meditazione su Gen 18, l'ospitalità di Abramo a Mamre. La meditazione è tratta dal libro Alla presenza di Dio. Per una spiritualità incarnata, pp. 97-98.


 

Domani condivideremo alcune immagini per parlare del mistero trinitario ai ragazzi (e anche durante l'omelia... dando un po' di tregua alla famosa storia di Agostino con l'angelo e la conchiglia :D ).  
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L’ospitalità è un esercizio sublime dell’amore, che è compimento della legge (cf. Rm 13,10), ed è uno specchio dell’essenza stessa di Dio che è amore (cf. 1Gv 4,8). Nell’esercizio dell’amore ospitale, noi dimoriamo in Dio e Dio dimora in noi (cf. 1Gv 4,16). Per questo «nella virtù di carità la vita dell’uomo in qualche modo si identifica di fatto alla vita divina e l’uomo stesso diviene simile a Dio… Abramo vede Dio, perché è simile a Lui. È precisamente il suo amore puro e generoso per gli uomini che gli fa riconoscere sotto il loro aspetto, il suo Dio»[1].
L’ospitalità dell’amore fa parte della realtà stessa di Dio. «Dio è in sé e per se stesso: ospite e antagonista, padre e figlio, spazio di avversità e di ospitalità»[2]. La differenza nel Dio Tri-uno non conduce all’in-differenza, ma alla circumincessio e alla “danza”; non conduce all’ostilità ma all’ospitalità. L’Altro non suscita in Dio allergia[3], ma piuttosto allegria, diventa l’allegria stessa: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento» (Mt 3,17). In Dio, l’alterità non è semplicemente tollerata, ma è generata (il Figlio); l’altro non incupisce l’orizzonte, ma lo costituisce, diventa il Soffio e il respiro della relazione d’amore (lo Spirito Santo).
L’ospitalità manifesta la Trinità, ma la Tradizione cristiana antica ha voluto andare ancora oltre parlando di epifania trinitaria nell’ospitalità di Abramo a Mamre (cf. Gen 18). Lo stesso Ambrogio commenta l’inizio del racconto così: «E volgendo lo sguardo – è detto – vide, ed ecco tre uomini stavano in piedi davanti a lui. E, appena li vide, corse loro incontro. Osserva in primo luogo il mistero della fede: gli apparve Dio ed egli vide tre persone. Colui al quale Dio si manifesta vede la Trinità (cuius Deus refulget Trinitatem videt): non accoglie il Padre senza il Figlio né professa il Figlio senza lo Spirito Santo»[4]. In un altro testo il santo di Milano scrive: «Abramo vide la Trinità sotto figura…accorgendosi di tre persone e adorandone una sola. Vede tre, ma venera l’unità»[5].
L’ospitalità è una categoria che riassume l’esperienza religiosa, quella cristiana in particolare. Ha inizio con l’accoglienza dell’anelito di Dio che c’è in noi, il “cuore inquieto” che richiama l’Amato. Prosegue con tutta l’esperienza di ospitalità reciproca tra l’uomo e Dio attestato nella Scrittura, culminando, infine, nell’accoglienza del Dio-Ospite-Ostia[6].






[1] D. Barsotti, Il Dio di Abramo, 223.
[2] E. Salmann, Passi e passaggi nel cristianesimo. Piccola mistagogia verso il mondo della fede, Cittadella, Assisi 2009, 319.
[3] È significativa in sé l’etimologia del termine “allergia”: ‘allos = altro ed ‘érgon = opera.
[4] Ambrogio, Su Abramo 1, 5, 33.
[5] Ambrogio, Sullo Spirito Santo 2, 4.
[6] Hôte in francese significa allo stesso tempo ostia e ospite, il che ha permesso a Maurice Blondel, nella sua opera filosofica L’Action di condensare in chiave eucaristica tutta la dinamica della volontà e del desiderio umano.