L'Incarnazione come Paradosso dei paradossi
Robert Cheaib
Il vangelo di Giovanni si apre con un Prologo mozzafiato che in
diciotto versetti tratteggia un panorama vastissimo che parte da una
confessione: «In principio era il Lógos [il Verbo, la Parola], e il Lógos era presso Dio e il Lógos era Dio» (Gv 1,1).
Prima
di tutto, in principio, non c’era il nulla, non c’era il silenzio
insostenibile del niente. Se ci fosse stato soltanto il nulla, non ci
sarebbe ora altro che nulla, perché dal niente non viene niente. Io che
scrivo e tu che leggi siamo la prova che il nulla non era la prima
parola!
In principio, prima di tutto, c’era un dialogo eterno d’Amore.
L’Amore perfetto donato e ricevuto ha voluto con sovrabbondanza (e non
per penuria o bisogno) condividere la luce e la vita dell’amore e così
ha creato tutto. Fin qui, qualche filosofia ci è già arrivata.
Il paradosso e la follia dell’Amore divino contenuti nel Prologo e
che la filosofia non avrebbe potuto prevedere – perché l’Amore è
imprevedibile, è sempre una sorpresa – è che il Logos, la Parola eterna
d’amore, è divenuta carne. Non a caso i Padri della Chiesa definivano
l’Incarnazione come il Paradosso dei paradossi. «Il Logos divenne carne (sarx) e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). La Parola «pose la sua tenda in mezzo a noi» (eskēnōsen en ēmin), ricordando all’orecchio del lettore di cultura ebraica la Shekinah, la presenza di Dio in mezzo al popolo d’Israele.
Con la Parola incarnata, la presenza misteriosa di Dio con il suo
popolo diventa presenza reale, presenza carnale. Dio è letteralmente Emmanuel,
«Dio con noi». Dio è ineffabile e inafferrabile, e ogni tentativo di
raccontarlo e di afferrarlo contiene un rischio insito: creare un idolo a
propria immagine e a propria misura. Tale pericolo è esorcizzato quando
Dio stesso «si dice» nella Parola e quando si lascia afferrare nella
carne del Lógos, Gesù.
La Verità di Dio si manifesta come Vita e come Via: non è più un
astro irraggiungibile che tormenta invano il desiderio; è Vita, è
incontro ed è Via, una destinazione che già si assaggia lungo il
percorso. Agostino, che ha cercato la somma sapienza filosofica, esclama
così riguardo a questo salto avvenuto in Gesù Cristo:
Cercavo la via per procurarmi forza sufficiente a goderti, ma non
l’avrei trovata, finché non mi fossi aggrappato al mediatore fra Dio e
gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che è so-pra tutto Dio benedetto nei
secoli.
In Gesù, il Tutto è abbracciabile nel frammento. Per tornare al
linguaggio del Prologo: «Dio, nessuno l’ha mai visto: il Figlio
unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato»
(Gv 1,18). Chi vede Gesù vede il Padre (cf. Gv 14,9). L’amore, la
misericordia, l’umiltà di Gesù rivelano la vera natura di Dio che è
Amore (cf. 1Gv 4,8.16).
*
La meditazione è tratta dal libro di Robert Cheaib, Un Dio umano. Primi passi nella fede cristiana, Edizioni San Paolo.