Questa è la nostra fede. Una introduzioneper non addetti ai lavori di Luis González-Carvajal Santabárbara, edito dalla Queriniana, è un best-seller mondiale. Parlare di best-seller in teologia, lo sanno i teologi che scrivono, è un fenomeno raro, anzi, rarissimo. Quest’opera si propone come un'opera ambiziosa e accessibile, mirando a demistificare la teologia e democratizzarla, rendendola comprensibile a un pubblico non specialistico. L'a., che si definisce «ingegnere prima che teologo», sottolinea come la sua mancanza di un «pedigree» teologico tradizionale gli abbia permesso di sviluppare un linguaggio più comprensibile, privilegiando la chiarezza anche a costo di barbarismi pur di farsi capire. Il libro, giunto alla 24ª edizione spagnola, ha avuto un notevole successo, vendendo quasi 200.000 copie e venendo tradotto in sette lingue, a testimonianza della sua capacità di colmare un'evidente «ignoranza teologica» e, allo stesso tempo, un bisogno di comprensione.
L'opera, come dichiarato nel sottotitolo, è
una «introduzione per non addetti ai lavori». Da docente di teologia, sono
rimasto piacevolmente sorpreso dalla capacità dell’autore di creare un’atmosfera
reader-non-addetto-friendly per introdurre la riflessione sui concetti
teologici. Facendo così, l’a. incoraggia il lettore a non tirarsi indietro di
fronte alla teologia, definendola giustamente come la «riflessione di un
credente che cerca di capire meglio la propria fede».
Il testo si propone sia come primo approccio che come aggiornamento, utile per la lettura personale o di gruppo, e soddisfa sia studenti universitari (con un numero molto moderato note a piè di pagina per le citazioni) sia lettori abituati a testi più leggeri, che possono tranquillamente ignorare le note.
Venendo ai temi trattati, Il testo affronta i
principali dogmi cristiani e le questioni fondamentali della fede, spesso
riconsiderando interpretazioni tradizionali alla luce delle moderne conoscenze
e sensibilità. Spesso, l'autore non esita a riformulare con termini poco
abituali per i teologi le dottrine e le questioni complesse.
Ad esempio, il peccato originale viene
descritto come una «dottrina-talpa» che molti cristiani hanno nascosto per
vergogna a causa di formulazioni «vulnerabili». L'autore critica l'idea di un «fatale
errore gastronomico» o la trasmissione genetica della colpa, alla luce della
moderna sensibilità per la giustizia e della paleontologia.
L'autore sottolinea che la Bibbia non è una
cronaca storica, ma una narrazione sapienziale, e il racconto della caduta di
Adamo ed Eva è un La storia della caduta è un «mito nel senso più nobile del
termine: qualcosa che non è mai accaduto, ma che succede sempre». Viene
introdotto il concetto di «responsabilità collettiva» e l'«amartiosfera» (il
groviglio di responsabilità e colpe che costituisce la realtà umana), spiegando
che si nasce già situati in un mondo danneggiato dai peccati di chi ci ha
preceduto.
Dove troviamo le tracce del peccato originale
nella nostra vita? Il capitolo descrive il «cuore di pietra» come la natura
umana danneggiata che ci impedisce di fare il bene che distinguiamo, e
chiarisce che il «peccato originale» è un peccato in senso analogico, senza
responsabilità personale. Infine, si conclude che il peccato originale rivela
una profonda alienazione umana, che non ha l'ultima parola grazie alla
sovrabbondanza della grazia di Cristo.
Guardando alle primizie della rivelazione, l’a.
guarda tra l’altro alla rivelazione di Dio nell'Esodo, che è una storia di
liberazione in cui Dio si manifesta «a fianco dei poveri e dei piccoli, delle
minoranze e dei meno forti». L’a. attira l’attenzione dei suoi lettori al fatto
storico in sé e alla successiva rielaborazione midrashica (rabbinica) della
Bibbia. Quest’ultima enfatizza il significato teologico degli eventi più che la
cronaca precisa, mostrando come Israele comprendesse ogni evento come linguaggio
e gesto di Dio.
Guardando al NT, l’a. riflette naturalmente
sulla figura di Gesù, partendo dalla domanda di base: l’esistenza storica di
Gesù. L’esistenza storica di Gesù è attestata anche da fonti non cristiane. Similmente
alla natura midrashica appena accennata, i vangeli non sono biografie nella concezione
moderna del termine, ma sono testimonianze che privilegiano la teologia sulla
storia.
Venendo alla Redenzione. L'autore critica
duramente le teorie della «soddisfazione vicaria» di sant'Anselmo e della «sostituzione
penale» di Lutero, che presentano un Dio che chiede per donare e per perdonare.
e che tormenta il proprio Figlio per soddisfare la sua ira contro il peccato
umano. L’a. definisce tale lettura come una «bestemmia intollerabile» e un «crudele
meccanismo». La redenzione è, invece, un «mistero d'amore» di Dio che si
manifesta nella vita di Cristo donata per gli altri, non nella sofferenza fine
a sé stessa.
L’a. si avventura anche in una spiegazione per
non addetti del dogma della Santissima Trinità. Il monoteismo ebraico è stato
un processo storico, passando dalla monolatria al monoteismo. La fede
trinitaria non è una rottura con questa fede monoteista, perché il Nuovo
Testamento mantiene la fede nell'unicità di Dio ma esperisce Dio come Padre,
Figlio e Spirito Santo intimamente uniti. L’a. si addentra leggermente nelle
dispute teologiche attorno ad alcune eresie – come il modalismo (Sabellio) e il
subordinazionismo (Arianesimo) – che negavano la distinzione delle persone o la
piena divinità del Figlio e dello Spirito. L’analisi panoramica dell’a. che non
tradisce l’intento del libro, mostra come il dogma trinitario non è frutto di
speculazione filosofica, ma di un desiderio di comprendere l'esperienza di
fede. La dottrina della Trinità non afferma l'assurdo 1=3. Dio è non è uno e
tre allo stesso tempo. Dio è uno quanto alla natura, ma è trino quanto alle
ipostasi. I cristiani non hanno teorizzato un Dio così, ma hanno solo cercato
di esprimere con le parole, sebbene il linguaggio umano sia sempre inadeguato,
la loro esperienza di Dio. È interessante che l’a. tiri fuori alcune conseguenze
pratiche della fede trinitaria. Essendo immagine della Trinità, Dio ci ha
creati per formare una famiglia unita, a sua immagine e somiglianza,
incoraggiando la comunione e la pace. L’a. afferma che Dio è anche «Madre», valorizzando i tratti femminili e materni della divinità
biblica.
Altri temi che il lettore troverà nel testo
sono la sofferenza e il male, la presenza del cristiano nel mondo, la Chiesa, i
sacramenti, la vita eterna, la vergine Maria, ecc. Il tutto in uno stile
accessibile, ma non banale. Insomma, un buon aperitivo che, si spera,
costituisca un invito a gustare piatti teologici più impegnativi e
approfonditi.
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