Nei primi secoli del cristianesimo la vita monastica non era ancora organizzata e “regolata”. I monaci non appartenevano a ordini religiosi o a congregazioni riconosciute. Diverse persone “si facevano monaci” scegliendo di ritirarsi e di vivere in un modo che ritenevano opportuno. In mezzo alle varie scelte che le persone facevano, c’erano persone che optavano per «la coabitazione». In che cosa consisteva questo stile? Consisteva in una scelta di comodità dove degli uomini e delle vergini decidevano di vivere insieme in fraternità per beneficare dell’assistenza reciproca. Sebbene tante di queste coabitazioni erano effettivamente per il beneficio reciproco, i sospetti di immoralità a cui potevano dare adito e lo scandalo che potevano procurare, hanno fatto sì che tale fenomeno fosse spesso considerato con grande sfavore nel cristianesimo antico.
Giovanni Crisostomo si inserisce in questa polemica scrivendo due brevi trattati perlopiù noti con i seguenti titoli latini: Contra eos qui subintroductas habent virgines. Quod regulares feminae viris cohabitare non debeant. I due trattati vengono pubblicati in un’edizione critica italiana in un volume che porta il titolo le coabitazioni edito da Città Nuova.

Le coabitazioni
Le coabitazioni
Giovanni Crisostomo

Il contributo del Crisostomo va ad aggiungersi a un dibattito in fermento, ma il suo discorso si contraddistingue per la sua organicità e la sua finezza psicologica. Come nota Domenico Ciarlo nella sua introduzione, il Crisostomo ha saputo trattare l’argomento con grande profondità ed empatia «come nessun altro autore del cristianesimo antico aveva fatto, calandosi ora nella parte maschile e ora in quella femminile per rivelarne falsi pretesti, idee distorte, malintese ambizioni, reconditi desideri e virtù disattese».

I due trattati infatti sono indirizzati il primo agli asceti maschi e il secondo alle vergini. Che i due trattati siano contestuali e connessi lo dimostra il piano organico simile che li accomuna, oltre all’uso delle medesime immagini e delle stesse espressioni.  

Robert Cheaib
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