«Senza la croce, Dio resterebbe dalla sua parte e noi dalla nostra», scriveva C. Beaulieu. Dio starebbe nella sua gloria e noi nella valle delle lacrime. Sulla croce, invece, Dio si è fatto prossimo all’uomo, all’oppresso, al ferito, al sofferente.
Questa constatazione che apre il volume del biblista Bruno Moriconi, Il dolore dell’umanità nel dolore del Figlio di Dio. La sofferenza alla luce del Vangelo, apre uno spiraglio particolare sulla sofferenza. L’esperienza mostra che le persone di fede soffrono come i non credenti. Non è la mancanza di sofferenza che contraddistingue chi crede, ma l’orientamento che si dà alla sofferenza. Lo dice in termini chiari papa Benedetto: «La fede e la preghiera non risolvono i problemi, ma permettono di affrontarli con una luce e una forza nuova, in modo degno dell’uomo, e anche in modo più sereno ed efficace».


Sulla sofferenza in quanto tale, Gesù non si è pronunciato, né maledicendo, né benedicendo. Gesù ha affrontato la sofferenza come uno dei tanti fatti della vita, pregando il Padre di risparmiarglielo se possibile, ma accogliendo l’ineluttabile croce con dignità e dedizione per le anime.
Lo scopo del libro di Moriconi è «considerare la sofferenza dal punto di vista del Nuovo Testamento e, in modo particolare, alla luce del Vangelo, ossia del mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio». L’A. è concio nella sua opera che per poter percepire la vera risposta al perché della sofferenza, si devono svolgere gli occhi verso la rivelazione dell’amore divino, fonte ultima del senso di tutto ciò che esiste.

Quello che è viene ripetutamente chiarito lungo il testo è che a Cristo «il cristiano non guarda per capire il perché della sofferenza, che egli stesso non ha spiegato, ma per saperla accettare dietro a lui», giacché il Figlio di Dio, non fu esaudito con la liberazione dalla sofferenza, ma è entrato ed è rimasto nel mistero della sofferenza umana. 
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