Un detto ebraico afferma che in principio Dio creò il punto di domanda e lo depose nel cuore dell'uomo. Le domande sono la linfa della vita. Chi si interroga è in cammino. La risposta, per quanto preziosa, a volte costituisce una dispensa dal camminare. La valorizzazione della domanda non è un invito a non soffermarsi sulle risposte, ma ad accogliere la preziosità del porsi interrogativi e del mettersi in cammino. È questo il leitmotiv del libro di Ermes Ronchi Le nude domande del Vangelo che raccoglie le meditazioni degli esercizi spirituali predicati dal sacerdote nella Quaresima del 2016 davanti a papa Francesco e alla Curia romana.
Sul valore della domanda Ronchi spiega che «non la nostra risposta, ma la nuda domanda e Parola di Dio, che entra e lavora in noi, come una mano che apre sentieri, insegna respiri. Una mano esperta in nascite» (13). Non a caso, Gesù da grande maieuta, pone oltre 220 domande nei Vangeli.
Gesù stesso è una domanda. La sua vita, morte e risurrezione ci interpellano sul senso del nostro essere umani, sul senso della vita e della morte.
Con le sue domande, Gesù risuscita il nostro desiderio, «è il vero maestro, esegeta è interprete del desiderio, ci insegna a non accontentarci, insegna fame di cielo» (16). Gesù si forma e ci trasforma risvegliandosi ai desideri, alle domande. «Vera formazione non consiste nell'insegnare le regole della navigazione, ma nel trasmettere la passione per il mare aperto, il desiderio di navigare oltre, passione d'altomare» (33).
Con le domande, Gesù ci strappa alle nostre misure e ci apre alla grandezza di Dio. Il Turoldo si chiede «quando è religione e quando e fede? La religione è quando fai Dio a tua misura, la fede è quando fai te stesso a misura di Dio».


Anche i gesti di Gesù sono una domanda. A mo' d'esempio, possiamo pensare a Gesù che dorme nella barca durante la burrasca. È una domanda sulla fede nuda. «Fede nuda è perseverare, anche nella burrasca, certo che Dio è sulla mia barca, che intreccia il suo respiro con il mio, la sua rotta con la mia. Magari addormentato. Magari muto. Ma se parla e per amore, se tace è ancora per amore» (39).
Il testo di Ronchi è impregnato di desiderio di fioritura. Il frate servo di Maria mostra il volto fresco del Nazareno, immagine perfetta del volto del Padre. Dio non è fatto di proibizioni, ma di apertura alla vita, quella vera. «Se spegni le passioni, sarai un eunuco, ma mai un santo». Il primo verbo che Dio impiega nel dialogo con l'uomo è «tu potrai». «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino» (Gen 2,16). Il serpente invece usa come primo un altro verbo: «È vero che non dovete?» (Gen 3,1).
Dio è il Dio della vita. Il nemico usa il linguaggio del divieto. Un no alla vita. Dietrich Bonhoeffer scriveva: «Un divino cui non corrisponde una fioritura dell'umano non merita che adesso ci dedichiamo. Non ci interessa un divino che non faccia fiorire l'umano».
Ora si ha la vita nella misura in cui si dona la propria vita. Gesù ci paragona al sale e alla luce. Il sale dà sapore nella misura in cui si scioglie, si dona. Allo stesso modo, la luce è tale nella misura in cui illumina gli altri.
Illuminando gli altri ci illuminiamo, dando senso e sapore alla vita degli altri, troviamo il senso della nostra vita. Chi guarda solo a se stesso non si illumina mai. Vivendo così, imitiamo Cristo che è «bacio a chi lo tradisce. Non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il sangue di nessuno, versa il proprio sangue. Non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso».
«Dov'è la salvezza? – si chiede Ronchi – Quando io lo tradisco e lui mi guarda e mi ama. Il ferito, che io ho ferito, mi guarda e mi ama. E di nuovo mi converte. Dalla sua ferita aperta non esce rabbia o rancore, ma è feritoia da cui escono sangue e acqua. Sangue che è amore; acqua che innocenza» (72).
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