L’antropologia teologica (=AnT) è una disciplina vasta che cerca di rendere conto del dato della fede cristiana riguardo all’uomo. Trattando dell’uomo, essa è tra le discipline teologiche più esposte alla sfida dell’interdisciplinarità e questo in un duplice senso: intra-teologico e, per così dire, extra-teologico.
Nella sua collocazione all’interno dell’universo teologico, l’AnT ingloba da un lato la riflessione sulla teologia della creazione, la realtà dell’uomo immagine e somiglianza del Dio-Trino, l’uomo nella storia della salvezza alla luce della predestinazione in Cristo, della questione del peccato, della grazia e della giustificazione. In essa vengono solitamente anche considerate le questioni ultime – noti anche come i novissimi. In questo senso, l’AnT ha uno stretto nesso con la teologia trinitaria, la cristologia e la soteriologia.
Vista dal collocamento allargato nell’universo del sapere generale, essa – per il suo oggetto – è tra le discipline teologiche la più aperta al dialogo con le altre scienze, non solo quelle filosofiche, culturali ed etniche, ma anche alla biologia e alle neuroscienze.
Nel suo volume Antropologia teologica. Temi fondamentali per i tipi della Queriniana, Giovanni Ancora propone un succinto manuale di AnT che offre una riflessione sui temi classici della disciplina: predestinazione, creazione, uomo in quanto creatura, grazia, uomo peccatore, giustificazione. Il volume presenta in modo chiaro le tematiche essenziali per lo studio curriculare della teologia, ma anche per un approfondimento personale. Lungo i capitoli, l’autore tratteggia i temi seguendo uno schema storico che presenta il dato biblico, seguito dalla riflessione storica-teologica per concludere con la convergenza della riflessione sistematica.
La riflessione di Ancora parta e ritorna continuamente al cuore cristologico dell’AnT. L’A. spiega che cristologia e antropologia sono inseparabili: «La cristologia è il “principio” e la “forma” di ogni discorso cristiano sull’uomo». D’altro canto, il mistero cristologico è rivolto verso l’umano giacché la fede che Dio dona in Cristo «riguarda tutto l’uomo e tutti gli uomini».

Predestinazione

Se si volesse sottolineare una caratteristica del manuale, essa è sicuramente la centralità del tema dell’elezione (predestinazione). Attraverso la considerazione del tema, l’autore introduce tutto il trattato mostrando il disegno di Dio che illumina tutte le tappe del mistero salvifico.
L’AT interpreta le vicende del popolo d’Israele in riferimento all’esperienza dell’elezione basata sulla gratuità dell’amore di Dio. «Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore, tuo Dio: il Signore, tuo Dio, ti ha scelto per essere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra. Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri: il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile, dalla mano del faraone, re d'Egitto» (Dt 7,6-8).
L’esperienza dell’elezione non è un privilegio esclusivo, il privilegio di Israele è per l’inclusione. Nelle parole dell’A. Israele è «un popolo privilegiato non per se stesso, ma perché metta tale privilegio a servizio di tutti i popoli della terra, testimoniando che Yhwh è l’unico Dio che opera nella storia degli umani per condurli alla pienezza della vita (la salvezza)».
L’universalismo dell’elezione si manifesta nella vicenda e nell’insegnamento di Gesù Cristo. In Cristo Dio «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4).
Nello sviluppo storico, l’A. percorre varie tappe della considerazione e – a volte – dell’esasperazione del tema della predestinazione da Agostino fino a Karl Barth.
La ripresa sistematica considera l’agire benevolo di Dio che costituisce un popolo scegliendolo e amandolo gratuitamente. In questa prospettiva di elezione gratuita ed eterna «è tolto alla comunità ogni motivo di desperatio. Ma soltanto sentendosi anche sotto l’ombra del rifiuto divino, essa può sfuggire alla praesumptio, che è inconciliabile col riconoscimento della grazia della divina elezione di grazia» (M. Löhrer).
L’elezione di Dio non contempla una «doppia predestinazione» o una «doppia volontà», ma una chiamata salvifica universale (cf. 1Tm 2,4). La differenza tra eletti e dannati risiede nella serietà con cui Dio prende sul serio e fino in fondo la libertà umana con la grande possibilità del «no» al suo progetto e alla sua elezione. Cristo è la volontà originaria con cui Dio si muove verso l’uomo manifestando la sua gloria e rendendo l’uomo partecipe di essa. «Nell’esperienza del Figlio crocifisso-risorto, l’eletto del Padre, è rivelata ad ogni uomo la modalità concreta dell’agire elettivo di Dio, il quale non tiene in conto alcuno il peccato dell’uomo e conferma in assoluto il suo disegno salvifico proprio nella pre-donazione del Figlio». Il mistero della predestinazione si traduce nella storia della comunità e dell’individuo «in un compito ineludibile: la diaconia per la salvezza dell’intera creazione».

In Gesù, l’elezione di Dio è senza ritorno. Dio non può venir meno alla sua elezione. F.G. Brambilla spiega che «il senso del “non può” non indica una necessità estrinseca alla vicenda di Gesù, ma la verità della sua storia, come vicenda filiale pienamente corrispondente al Padre. Una vicenda contrassegnata da una dedizione “nello e in virtù dello Spirito” (la grazia!) al volto dell’Abbà-Padre».  Il sì di Dio è senza ritorno, è segnato nella carne di Cristo, solo il no, il rifiuto personale dell’uomo determina la sua auto-esclusione dalla grazia riversata senza ritorno.