Ci sono tanti “pride” in giro, alcuni alquanto aggressivi e in nome della
tolleranza cercano di cancellare, opprimere e sopprimere il diverso e la
diversità. Se presento oggi l’ultimo libro di Costanza Miriano, Obbedire è meglio. Le regole della Compagnia dell’Agnello, è perché da esso trapela
anche un pride, ma di carattere molto particolare. Un orgoglio umile, un
orgoglio inclusivo e dalle braccia aperte.
La realtà cristiana (e di Cristo) era definita da alcuni Padri della Chiesa
come Paradosso dei paradossi. E nel gestire un paradosso, spesso ti
sfugge una delle sue sfumature, perdi l’equilibrio e cadi in contraddizione.
Così capita, ad esempio, che in nome dell’umiltà cristiana, ti bevi a gogò
l’umiliazione sociale, o ti sputi in faccia da solo. In tal caso, stai
abbracciando l’umiltà dimenticando il lato del “vanto” della fede. Un vanto che
non nasce dalla vanità, ma dall’incanto e dalla bellezza del credere nell’Amore
che si è rivolto gratuitamente e molto Graziosamente a noi. Ecco, tralasciando
il teologese al quale farò ritorno nella prossima recensione, negli scritti
della Miriano risulta chiaro il suo orgoglio cattolico. Un orgoglio che non
nasce da ideologia o spirito di partito, ma dall’allegria chiaroveggente di una
sintesi, dalla grata coscienza di trovarsi a Casa.
È difficile riassumere il contenuto del libro. Sicuramente non vorrei
recensirlo come recensisco i libri di teologia… non gli farei giustizia. Anzi,
partiamo dal lato “oscuro”: da uomo – e ha pre-visto bene l’A. – a volte mi
sono trovato spaesato con le divagazioni, ma la nota previa ha saputo sempre raccogliere
da me un sorriso piuttosto che un “sgfh” (una presunta imprecazione in antico
dialetto Inca… pare). Ecco, la nota previa ci avverte: «Le nostre amiche
femmine – “divagazione” è il nostro secondo nome – non sono infastidite più di
tanto. I maschi invece mi chiedono sempre di togliere i fronzoli e di fornire
loro rapide istruzioni per l’uso. Che poi, io dico, se ti volevo dare un
messaggio ti scrivevo un telegramma, no?». Chiusa divagazione e unica nota di
avvertimento…
A parte le divagazioni, allora, il libro è cosparso di perle di inquietante
profondità. Uso e sottolineo la parola “inquietante” nel suo senso più nobile,
quello agostiniano. Niente è più triste, infatti, di una persona umana che vive-morta,
in una quiete da stagno e in una contentezza tombale. Il cuore inquieto – Cor
inquietum – di cui parla Agostino è un cuore vivo, capace di Dio, capace di
grandezza, della vera Grandezza, della vera Grande Bellezza: il Crocifisso
Risorto, Bellezza che salva il mondo. La Miriano, forse a sua insaputa, fa
parte delle persone che descrive nel libro: «Persone che sanno svegliare la
bellezza ovunque passino».
La trama tracciata dal titolo è già tutto un programma. L’obbedienza,
quella parola blasfema per l’orecchio post-moderno, viene mostrata dalla
Miriano nel suo realismo sapienziale. D’altronde, questa nostra vita
concretissima, particolare è «l’unica possibilità che ci viene offerta, è
questo il nostro passaggio, la sola breccia che si apre per noi verso la
conversione». L’arte dell’obbedienza consiste nel capire che possiamo vivere «nel
mondo come in un monastero», una specie di tanto necessario «monachesimo
interiore» tanto caro a Pavel Evdokimov che l’A. cita nel libro. Con questa
obbedienza esorcizziamo la tentazione solitaria e prometeica di solcare da soli
il mare della vita, affidandoci alla guida di Cristo, lasciandoci guidare e
scolpire dalla sua mano.
L’obbedienza, chiarisce l’A., non è passività, ma al contrario «è il
massimo della forza: è conformazione a qualcosa di più grande». Esser
autodeterminato è un modo per isolarsi, impoverirsi. L’obbedienza è spazio di
comunione, è apertura, ascolto e accoglienza dell’Unico che può riempire la
voragine a forma di Dio nel nostro cuore.
Di questa obbedienza, la Miriano presenta varie sfumature e diverse regole,
attraverso i volti testimoniali di amici presentati come parte della «compagnia
dell’Agnello», che non sono la versione cattolica degli elfi di Tolkein, ma che
sono i santi nascosti che incrociamo nella vita di ogni giorno e ai quali
comunichiamo con il meraviglioso sacramento dell’amicizia.
Ogni capitolo presenta un volto dell’obbedienza e un aspetto del mosaico
cattolico di fedeltà, purezza, educazione, responsabilità, perdono, ecc. Le “istruzioni
per l’uso” ricavabili tra le divagazioni, non sono ricette per vincere facile
(e vendere facile), sono consigli e testimonianze ricavate dal realismo del
Cristo incarnato. Sanno delle esigenze d’amore del Rabbi di Nazaret, che
parlava con autorità e cognizione di causa e che non andava alla caccia di fan
ad ogni costo. Sì, l’amore è esigente perché sa che se non pretende, priva l’altro
di ciò che è suo, la Bellezza che può diventare. Per questo mi preme chiudere
questa breve presentazione con un invito: cogliere nelle righe della Miriano l’eroismo
dietro l’ironia, e lo Spirito dietro lo spiritoso.