Robert Cheaib


«Sogno un papa che convochi un concilio
non un terzo Vaticano
ma un secondo Gerosolimitano
per de-religionizzare la Chiesa
in senso barthiano
o almeno de-clericalizzarla
in senso cattolico
o almeno de-romanizzarla
in senso evangelico
o almeno de-curializzarla
in senso etimologicamente “apostolico”
- O almeno per capire una cosa banale:
il mondo è tutto “mondo”
bene o male
è servire o dominare».
Questo estratto di un “sogno” esprime l’afflato che attraversa il libro «allobiografico» del gesuita italiano Silvano Fausti. Parlo di allobiografia perché è lo stesso gesuita a confessare che ha voluto scrivere, nel libro Sogni, allergie, benedizioni «non un’autobiografia, ma un’eterobiografia o, meglio, un’allobiografia» volendo riferire non quanto ha fatto lui, ma quanto gli altri hanno fatto in lui e per lui.
Il libro esprime la nota ricchezza e freschezza dello stile del Fausti e fa trapelare una grande libertà interiore nonché una ricca cultura che non ama imporsi con la pesantezza del gergo, ma con la simpatia e la leggerezza del tocco profetico.
Non tutti condividerebbero le varie analisi o riflessioni che toccano sfere diversissime: dalle guerre mondiali, al Concilio Vaticano II, dal ’68 a oggi. Ma Fausti non pretende minimamente quello. Anzi, ciò che traspare dalle pagine è una libertà che invita a sua volta ad essere liberi. Liberi ma seri e fedeli alla propria libertà, seri e impegnati a realizzare la propria grandezza profetica al cospetto di Dio. «Non esporrò idee – scrive – facili da inventare, sono inutili per imparare». Fausti parla di persone, di intuizioni, di un pathos che si percepisce per essere continuamente à la page con l’attualità del vangelo. Il libro, quindi, è uno specchio maieutico che invita a riappropriarsi di certezze non più personali e a scartare ombre di certezze per lasciarsi di nuovo sfidare dalla schiettezza del vangelo.