La misericordia riassume tutto il Vangelo perché esprime l’essenza stessa del Dio di Gesù Cristo. Non a caso, la misericordia è diventata il termine-chiave del presente pontificato. La freschezza dell’annuncio di Francesco viene dal suo radicamento nella perenne novità del Vangelo. Il primo angelus di papa Bergoglio è stato come l’anticipo e il riassunto della sua teologia della misericordia, quella stessa teologia pastorale che ha toccato i cuori di moltissime persone nella chiesa cattolica e fuori di essa.
L’epifania della misericordia di Dio percorre l’Antico Testamento e si manifesta “carnalmente” nel Nuovo Testamento e nel piccolo volume La sfida della misericordia, edito da Qiqajon, il Cardinal Walter Kasper accompagna il lettore in un breve itinerario esplorativo delle sfumature di questa misericordia nella Bibbia e nel vissuto della Chiesa.
La misericordia fedele
Una delle manifestazioni della misericordia di Dio è l’episodio del roveto ardente in Es 3. Dio vede la sofferenza del suo popolo, si commuove e si muove per liberarlo. Con la rivelazione del suo nome, «Dio mostra commozione e sensazione dolorosa, compassione e prontezza ad aiutare. Dio è il Dio con il suo popolo. Dio è il Dio che cammina con il suo popolo e lo accompagna sul cammino della sua storia. Egli è il Dio che libera il suo popolo». Questa natura di Dio è manifesta nell’autoproclamazione del nome di Dio qualche capitolo più avanti: «Jhwh è un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,6). Notiamo come la misericordia non è solo espressione della sovranità e della libertà, ma anche della fedeltà di Dio. La primaria epifania della misericordia divina è la fedeltà di Jhwh alle creature. «Dio non vuole la morte, ma la vita. Dio non abbandona la sua creatura, non abbandonerà mai l’uomo. Dio offre sempre una nuova chance».
Secondo Kasper, l’apice della rivelazione veterotestamentaria della misericordia di Dio si trova nel profeta Osea. La sua compassione esplode e in lui la misericordia prevale sulla giustizia. La motivazione di questo sconvolgimento manifesta tutto l’abisso del mistero divino: «Perché sono Dio e non un uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira» (Os 11,9).
La viscere paterne
Al centro del messaggio di Gesù sta il messaggio di Dio come Abba, Padre. Questo volto del Padre per eccellenza è manifestato nella prassi e nell’insegnamento di Gesù. Tra le sue espressioni più eloquenti abbiamo la ricchissima parabola del figliol prodigo, che piuttosto dovrebbe essere chiamata parabola del padre misericordioso (cf. Lc 15,11-32). È toccante sapere che Dio, come padre, non solo attende l’uomo, ma gli va contro commosso.
La misericordia di Dio annunciata da Gesù non è solo orientata a darci un’immagine rinnovata di Dio, ma è orientata a rinnovarci a immagine del nostro Dio. Se Dio è misericordioso, la mia esistenza deve cambiare, perché sono chiamato ad essere «imitatore di Dio» (cf. Ef 5,1). La perfezione di Dio risiede nella sua misericordia. Essere perfetti come lui (cf. Mt 5,48) significa essere misericordiosi come nostro Padre (cf. Lc 6,36).
Le sette opere di misericordia
L’obbedienza al comando di Gesù è stata tradizionalmente incarnata dalla Chiesa in sette opere di misericordia corporale e sette opere di misericordia spirituale. Le opere di misericordia corporale sono: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, ospitare i forestieri, visitare gli ammalati, liberare i prigionieri, seppellire i morti.
Queste opere rimangono di una grandissima attualità e vanno declinate con le esigenze dei tempi e delle situazioni. Kasper spiega, ad esempio, che non esiste solo la povertà materiale, ma anche la povertà culturale, «quella povertà di coloro che non hanno accesso alla cultura (veniamo al problema dell’analfabetismo); la povertà relazionale, cioè la povertà di comunicazione di chi è in solitudine».
In questo senso, anche le opere della misericordia spirituale diventano di nuovo molto attuali: «istruire gli ignoranti, consigliare i dubbiosi, confortare gli afflitti, correggere i peccatori, perdonare chi ci ha offeso, sopportare gli antipatici (che è la cosa più difficile), pregare per tutti».
La triplice missione della Chiesa
L’insegnamento biblico e tradizionale sulla misericordia implica una conversione e una prassi ecclesiale che Kasper presenta come «una triplice missione»: la chiesa deve predicare la misericordia, deve celebrare la misericordia nella liturgia dei sacramenti, soprattutto nel sacramento della misericordia, nel sacramento della penitenza e nella liturgia eucaristica, e deve praticare la misericordia nella propria prassi pastorale. Urge chiarire che «la pastorale misericordiosa non va confusa con una pseudo misericordia, cioè con una prassi pastorale di compiacimento e di un cristianesimo light e a buon mercato».
Questo è perché la carità, il movente fondamentale della misericordia, non può essere neutra, asettica, indifferente, tiepida o imparziale! «La carità contagia, appassiona, rischia e coinvolge!». Essa è «creativa nel trovare il linguaggio giusto per comunicare con tutti coloro che vengono ritenuti inguaribili e quindi intoccabili».
La sfida ecclesiale, secondo Kasper, è quello di trovare il linguaggio giusto per dire la misericordia e questo linguaggio non può essere solo verbale. È il linguaggio integrale e globale della parola, della prassi e della prossimità, proprio a immagine del Cristo, la misericordia incarnata di Dio.