Cara D.,
come promesso rieccomi a proseguire la riflessione iniziata ieri, rispondendo alla seconda domanda: Come posso concretamente guarire la mia immagine distorta di Dio?
Quella che presenterò non è per niente una lista esauriente e non è neanche una ricetta di cucina. Le dinamiche di ogni cuore sono così uniche che ha bisogno di un itinerario tutto suo. Nondimeno, ci sono alcune costanti e alcuni accorgimenti che si possono adottare. Ne propongo tre.

Dissociare il Padre dai padri

La psicologia ci insegna che le figure genitoriali hanno un importante influsso nel forgiare le nostre immagini di Dio. La Chiesa prende atto di questo nel rito battesimale invitando i genitori ad accendere la candela dal cero pasquale, simboleggiando la testimonianza che devono rendere davanti ai figli.
Un fenomeno interessante accade nella Bibbia. Mentre essa ci parla di Dio utilizzando attributi materni e paterni, la Scrittura non dimentica di avvertirci della differenza sussistente tra le figure genitoriali e Dio stesso. I genitori potrebbero a volte dimenticare, Dio no! «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,14-15); I genitori potrebbero abbandonare, Dio no! «Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto» (Sal 27,10).
Gesù anche, parlando della paternità di Dio, prende le qualità buone della nostra genitorialità, mostrando che in Dio raggiungono la loro perfezione: «Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!» (Lc 11,13).
Qui siamo di fronte a un’inversione importante che ha i suoi effetti fondamentali: non la paternità e la maternità di Dio sono a immagine di quelle umane, ma l’opposto. E noi, puntiamo da lontano alla perfezione della maternità e della maternità di Dio.
Cosa implica ciò? – Implica che dobbiamo fare sempre un lavoro di dissociazione che toglie, da un lato, dalle spalle dei nostri genitori il peso di essere “Dio”, e ci apre, dall’altro – come accade nel famoso episodio della vita del “Poverello di Assisi” – al riconoscimento dell’unicità del nostro Padre che è nei cieli.
Bisogna notare che a volte la deformazione e l’associazione tra immagine genitoriale e immagine di Dio è così grave che c’è bisogno di una guarigione psicologica per poter liberare il cuore e librare…

Imprimere l’immagine del Dio di Gesù Cristo nel cuore: Dio non è altro che amore

Bisogna fare una bella crociata contro certe nostre letture del Vangelo. Spesso il Vangelo perde nelle nostre bocche e nelle nostre menti la sua unzione di “La Buona Notizia” della paternità e dell’amore di Dio in Cristo. Tendiamo facilmente a ridurlo a una serie di esortazioni moraleggianti da due lire. La buona condotta è una parte importante della vita cristiana, ma non è l’annuncio centrale. Giovanni riassume l’intenzione degli evangelisti così: «queste cose sono state scritte, affinché voi crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome» (Gv 20,31). Prima ci si innamora dell’Amore, poi il resto viene da sé. L’ha capito bene Agostino, che non invitava alla faciloneria quando diceva: “ama e fa’ ciò che voi”.
Per questo è fondamentale aggiustare il tiro della nostra lettura del Vangelo. Prima di chiedersi ad ogni pagina: “cosa devo fare?”, bisogna chiedersi: “come si manifesta l’Amore di Dio per me/noi in questa pagina?”.
«Dio è amore» è la “definizione” di Dio nel cristianesimo. Per capire meglio quest’espressione, è bene passarlo per il fuoco della negazione: “Dio non è altro che amore”. [Se vuole approfondire questo punto la invito a leggere il primo punto di questo testo]

Pregare con l’immaginazione per purificarla

Qui invito a fare una preghiera della Parola che attinge molto alla tradizione di sant’Ignazio di Loyola. Ignazio aveva intuito che tutto l’uomo deve pregare per vivere un rinnovamento spirituale integrale e irreversibile. Per questo, nella sua preghiera, non adoperava solo l’intelletto ma anche la volontà e l’immaginazione.
Cosa possiamo imparare da lui?
- mi spiego meglio con un esempio. Se sto meditando il testo di Giovanni 8,1-11 dove Gesù perdona alla donna sorpresa in adulterio, non è sufficiente pensare a quello che dice Gesù. Ignazio mi invita anche a immaginare la scena, anzi a immaginarmi nella scena (scelgo di essere chi lapida o la malcapitata a seconda di come mi sento) e di sentire il tono di Gesù, come si rivolge. Sa bene come possiamo dire la stessa parola e la stessa frase in mille modi, e così facendo comunicare cose ben diverse. Quanto doveva essere coraggiosamente tenero Gesù nel rivolgere a quella donna la domanda: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?»!
Ecco, soffermarsi su quella scena, Dio è lì ad acquietare i farisei che sono dentro di noi, pronti a lapidarci in nome di una giustizia giustiziera. Gesù no! Gesù è lì per salva-guardarci e per giustificarci. Non prendendoci in giro… Gesù non dice alla donna: va’ e divertiti che t'importa… le dice: «Neanch'io ti condanno; va’ e d'ora in poi non peccare più». È “esigente”, ma non contro di noi. “Ex-ige” tirando dalla nostra interiorità la vita migliore, quella che fiorisce sotto lo sguardo della sua Grazia.
Pregare con l’immaginazione è simile a quell’opera che fa il fotografo per imprimere un’immagine sulla carta fotografica. La carta fotografica, senza colori e senza vita, se la esponiamo alla luce e al negativo dei ricordi, diventa un bellissimo spazio di memoria, diventa carta viva, diventa carne e storia. Così le nostre vite, esposte alla luce dell’Amore di Dio di cui abbiamo il ricordo incarnato nel Vangelo vengono trasformate in un'opera d'arte divina... letteralmente!

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Per chiudere, mi permetta di lanciarle una provocazione:
Guariamo l’immagine di Dio quando, con la grazia di Dio, ci trasformiamo secondo la sua somiglianza. Guariamo l’immagine di Dio quando ne diventiamo un riflesso nella nostra vita. Chi è buono scopre che Dio è buono perché il simile riconosce il simile. Facciamo spazio all’invasione della grazia di Dio rispecchiando in terra l’Amore che è nei cieli, perché il Cielo ha messo la sua tenda sulla terra (cf. Gv 1,14).
«Il cuore, non la ragione, sente Dio; ecco ciò che è la fede: Dio sensibile al cuore, non alla ragione» (Blaise Pascal). 
Abbia cura del suo cuore, santuario di Dio. Faccia entrare Cristo Sposo in questa stanza nuziale, solo lui sa riordinare in noi l’amore e l'immagine distorta di Dio. La Sposa del Cantico dice: «introduxit me in cellam vinariam ordinavit in me caritatem» (Ct 2,4).

La saluto con i sentimenti di Cristo