L'amicizia secondo san John Henry Newman (il santo di oggi)
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tratto dal capitolo: "La via dell'amicizia" nel libro 📘 Scorciatoie verso Dio. Il genio spirituale di John Henry Newman, Tau, 2019. bit.ly/newmansanto
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Siamo esseri comunionali ed è una legge della nostra natura «portare gli uni i pesi degli altri» (Gal 6,2). Questa verità si sposa in modo inscindibile con quella che la completa: «ognuno porti il proprio giogo».
L’amicizia deve essere costruita sulla verità e sulla veridicità delle promesse. In un sermone dal titolo «Promising without Doing» (promettere senza compiere), Newman denuncia le promesse non custodite auspicando che l’amicizia sia invece costruita proprio sulla fedeltà alle promesse e sul peso giusto dato alle parole. 


Newman fa anche un cenno all’amicizia che deve esserci tra sposi. Senza entrare in molti sviluppi, accenna che la nuzialità umana porta alle Nozze divine.
In alcune brevi note di sermoni del 1855 leggiamo quelle che secondo lui sono le tre caratteristiche necessarie dell’amicizia: «(1) amore reciproco; (2) reciproca attenzione e simpatia; (3) mutua intimità e condivisione». In seguito, parla degli amici come compagni di viaggio che camminano con Dio (in riferimento al vangelo dei discepoli di Emmaus in Lc 24). Infine, mette un’annotazione per parlare dell’importanza della fiducia nell’amore di Dio per noi. 
Questi brevi appunti sviluppati successivamente in un sermone a braccio già ci dicono tanto. Newman insiste sulla reciprocità usando tre volte l’aggettivo «reciproco» (mutual). È un aggettivo molto importante. L’amicizia richiede reciprocità. Non si può costruire un’amicizia unilaterale, né nel dare né nel ricevere. Newman è attento alla dimensione affettiva dell’amicizia. Riserva particolare rilievo alla simpatia, ovvero al sentire con l’altro. Sottolinea l’importanza dello scambio verbale. E corona l’amicizia con la compagnia in Dio e di Dio.
Tra i testi più belli di Newman sull’amicizia abbiamo il sermone anglicano «Love of Relations and Friends» (Amore delle relazioni e degli amici) predicato per la festa di san Giovanni l’evangelista. Giovanni è definito da Newman come «l’amico del cuore» di Gesù. 
Newman esamina le «circostanze eccezionali» che manifestano come il Signore potesse amare in gradi diversi. Sono «eccezionali», secondo lui, perché, a priori, ci saremmo aspettati che il Signore amasse tutti allo stesso modo. Vediamo invece che il Signore ha un «amico privato» (private friend). Questo ci mostra quanto era umano, proprio come noi, nei suoi bisogni e nei suoi affetti. In questo, «non c’è nulla di contrario allo spirito del Vangelo, niente di inconsistente con la pienezza dell’amore cristiano».
Newman va anzi a criticare coloro che suppongono che l’amore cristiano debba essere talmente diffusivo da non contemplare la concentrazione su persone particolari, ma che si debbano amare tutte le persone in modo paritario. Questi considerano pure che l’amore verso i molti sia superiore all’amore verso le persone singole. Facendo così, essi «trascurano le carità della vita privata, occupandosi con schemi di benevolenza espansiva». 
Guardando all’esempio del Signore, Newman dichiara di opporsi a questa nozione di amore di massa. Dopo tutto, l’esempio del Signore ci insegna che «la preparazione migliore per amare il mondo intero, e per amarlo in modo dovuto e savio, è quello di coltivare l’amicizia intima e l’affezione verso quelli che sono immediatamente intorno a noi». 
Siamo fatti in modo che quello che viviamo verso i nostri amici terreni diventa alla lunga ciò che viviamo verso Dio. «Onorare i nostri genitori è il primo passo verso l’onorare Dio. Amare i nostri fratelli nella carne è il primo passo verso il considerare tutti gli esseri umani come fratelli».
Newman insegna che lavorare sull’habitus di amare i parenti e gli amici ci abilita ad amare tutti. L’amore è un’abitudine (habit) e non può essere acquisito senza pratica effettiva (actual practice). È vago amare tutti, perché poi si rischia di amare in modo astratto e quindi non concreto o reale. Amando invece nel concreto i nostri amici e i nostri prossimi, viviamo paradossalmente l’amore in modo universale perché ciò che si intende con amare tutti è «sentirsi bendisposti verso tutti, essere pronti a soccorrerli, agire verso quelli che incrociamo nel nostro percorso come se li amassimo». 
Tornando al “festeggiato”, san Giovanni evangelista, Newman vede in lui lo stesso paradigma. Lui che è l’apostolo che più parla dell’amore nel Nuovo Testamento, ha appreso l’amore verso tutti primariamente attraverso la prossimità con Cristo e «il privilegio ineffabile di essere l’amico di Cristo». L’ha appreso attraverso la pratica perché ha avuto l’incarico di prendersi cura della Madre del Signore. 
Le persone zelanti e ambiziose, desiderose di operare il bene su larga scala, sono particolarmente esposte alla «tentazione di sacrificare l’individuale per il generale nei loro piani di carità». L’esempio di Cristo e l’esempio di san Giovanni mostrano a quelle persone il cammino da seguire. La coltivazione degli «affetti domestici» è la fonte dell’amore cristiano più esteso. 
In contrasto, niente genera «abitudini egoiste» (quindi l’opposto dell’amore) quanto «l’indipendenza nelle nostre vicende mondane». Per Newman, «le persone che non hanno legami, non hanno chi reclama la loro simpatia quotidiana e la loro tenerezza, non hanno il benessere di qualcuno da tenere presente, che possono disporsi come più gli aggrada», sono in condizioni sfavorevoli per ottenere il dono celeste dell’amore che è sigillo di tutte le virtù. 
Inversamente, le persone che hanno gusti e caratteri diversi e che sono costrette dalle circostanze a vivere insieme, facendo spazio ai rispettivi desideri e auspici, hanno il privilegio di vivere la rinuncia a sé. Questo, ad esempio, è per Newman uno dei «benefici provvidenziali» del matrimonio. L’amicizia ci salva da noi stessi, ci salva dall’egoismo. 
Parleremo più avanti dei tratti spirituali dell’amicizia, ma concludo questo punto con un altro passaggio di Newman che evidenzia l’esercizio ordinario dell’amore di amicizia: «Qualora Dio dovesse chiamarci per predicare a tutto il mondo, dobbiamo certamente rispondere alla sua chiamata; ma al momento presente, facciamo quello che ci è posto dinanzi. Figlioli – [cita la prima lettera di Giovanni] – amiamoci gli uni gli altri. Siamo miti e gentili; ragioniamo prima di parlare; proviamo a migliorare i nostri talenti nella vita privata; facciamo del bene, senza sperare in un ritorno ed evitando di fare spettacolo davanti agli altri». 
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per altri approfondimenti: L'amicizia spirituale in Newman: https://www.youtube.com/watch?v=nimQSNO47aM





Robert Cheaib
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