07HUvB Wien

«A von Balthasar appartiene a pieno titolo l’appellativo di teologo. Nessuno come lui ha saputo tenere fisso lo sguardo sul mistero dell’amore trinitario di Dio, per elaborare una riflessione teologica che permettesse all’uomo di oggi di porre attenzione alla proposta cristiana». Queste parole chiare di Rino Fisichella costituiscono un doppio spunto di riflessione sia sull’essenza del ministero del teologare sia sul distintivo del teologo di Basileia. Questo distintivo rischia di essere perso di vista davanti a una disattenta sosta dinanzi alla sua sconfinata produzione. Mi ritorna alla mente una battuta del compianto Michael Paul Gallagher: «Balthasar ha scritto più di quanto la maggior parte degli studenti di teologia leggerà in tutta la loro vita». Dinanzi a una produzione così, una guida semplice e prossima al sentire di Balthasar è più che preziosa. Ed è appunto questa l’opportunità del recente volume di Rino Fisichella, già docente della Pontificia Università Gregoriana e presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione.

Naturalmente, di guide e di studi sull’opera di Balthasar ne sono state scritte a centinaia. Ma direi che quest’opera resta giustificata da tre caratteristiche interessanti: la sinteticità, l’accessibilità e l’amicizia.

Quanto alla sinteticità, il  volume, in meno di trecento pagine, presenta una panoramica interessante su diversi temi balthasariani prediligendo, in fedeltà all’afflato dell’autore di Gloria (Herrlichkeit), la chiave della bellezza che traspare già dal titolo La bellezza è la prima parola. Rileggendo Hans Urs von Balthasar.  

Quanto all’accessibilità, appare chiaro che il volume è frutto di una lunga frequentazione dei testi di Balthasar, una frequentazione che ha permesso a Fisichella di snocciolare i temi balthasariani in una chiave più semplice che ne mostra la pertinenza e l’importanza anche a chi non è un addetto ai lavori.

Infine, l’amicizia. Già dalle prime pagine del libro traspare che Balthasar per Fisichella non è solo un tema di studio, ma una personalità. Naturalmente, il fascino dello studio di una tale persona non risiede nella curiosità che potrebbe suscitare un uomo definito come «l’uomo più colto del ventesimo secolo», ma in quanto teologo innamorato di Cristo e immerso nella contemplazione trinitaria.  Il fascino dello studio, in fin dei conti, risiede nell’“attrattiva Gesù” che, come universale concreto è presente in ogni pagina di Balthasar, anche quando scrive di letteratura. Alla luce di quest’approccio amicale, Fisichella sa dare rilievo anche al dialogo unico che Balthasar ha vissuto con la mistica Adrienne von Speyr e verso la quale non ha mai nascosto il suo debito come teologo: «[…] le intuizioni di questa donna hanno influenzato i miei libri (Il cuore del mondo, La questione di Dio, La teologia dei tre giorni), e diversi altri che essenzialmente sono una trascrizione teologica di quanto appreso direttamente da lei».



Celebri sono le parole che aprono il primo volume di Gloria: «La bellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto. Essa è la bellezza disinteressata senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi, ma che ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi per abbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza. Essa è la bellezza che non è più amata e custodita nemmeno dalla religione ma che, come maschera strappata al suo volto, mette allo scoperto dei tratti che minacciano di riuscire incomprensibili agli uomini. Essa è la bellezza alla quale non osiamo più credere e di cui abbiamo fatto un’apparenza per potercene liberare a cuor leggero. Essa è la bellezza infine che esige, come oggi è dimostrato, per lo meno altrettanto coraggio e forza di decisione della verità e della bontà e che non si lascia ostracizzare e separare da queste sue due sorelle senza trascinarle con sé in una vendetta misteriosa. Chi al suo nome increspa le labbra al sorriso, giudicandola come il ninnolo esotico di un passato borghese, di costui si può essere sicuri che, segretamente o apertamente, non è più capace di pregare e, presto, nemmeno di amare».

Queste parole sono il preludio di una rielaborazione e una riscoperta teologica che – come puntualizza bene Fisichella – è stata capace di spezzare la “svolta antropologica” che Karl Rahner aveva presentato come l’unica vera soluzione per la teologia postconciliare.

Non bisogna opporre i due teologi, ma cogliere la complementarietà dell’alternativa. Senza rinunciare alla filosofia o all’antropologia, Balthasar mostra che «quando il mistero si rivela la prima risposta non può essere quella che proviene dalla ragione filosofica». La “terza via” di accesso al mistero di Dio non è né cosmologica, né antropologica, ma è la via dell’amore. Fisichella puntualizza: L’amore cui Balthasar fa riferimento è lontano da ogni teoria filosofica o dal mito religioso. È l’amore che si è fatto uomo e in cui si rivela e rende tangibile Dio: «Questo amore deve essere duplice: amore di Dio Padre che permette al Dio Figlio di avventurarsi nell’obbedienza assoluta della povertà e dell’abbandono, là dove egli non è più che un ricettacolo dell’“ira” divina; e amore del Dio Figlio che per amore si identifica con noi peccatori (Eb 2,14), compiendo in libera obbedienza in tutto ciò la volontà del Padre» (p. 78).

Il testo di Fisichella è uno sguardo “con occhi semplici” sui “punti fermi” del pensiero balthasariano. È un invito alla lettura arricchito dalla sintesi e dalle sinapsi dell’A. con Hans Urs von Balthasar.




Robert Cheaib
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