Appena dietro l’ultima curva il sentiero inizia a diventare più ripido. Se alzi lo sguardo, davanti a te si erge la scarpata e vieni attraversato da una domanda: Ma come farò a scalarla e ad arrivare in cima?”. In realtà è un momento in cui ti fermi, osservi e vagli le diverse possibilità. La prima è quella di tornare indietro per capire se hai saltato un bivio e c’era un’altra alternativa, diciamo così, più dolce; la seconda è quella di mettere le tende proprio lì e di aspettare di avere le forze per iniziare ed infine la terza, un bel respiro e comincia la scalata. C’è una grande verità: lo sforzo maggiore, strani a dirsi, è proprio questo, quello del primo passo verso la salita, così come è stato nella nostra prima passeggiata, quello di decidere se camminare e pregare insieme, ricordate?
Ebbene, cosa può essere la salita nel nostro rapporto di coppia? Ad alcuni, di sicuro, gli si sarà stagliata davanti all’improvviso, proprio dopo un bellissimo rettilineo, per altre coppie, invece, era ben visibile all’orizzonte già da molto tempo ed erano coscienti che prima o poi ci sarebbero arrivate. Altre ancora sono in piena scalata. Per comprendere appieno il valore e l’importanza della salita facciamoci accompagnare da un uomo molto interessante, Kierkegaard, che ha dedicato un suo libro “Timore e tremore” proprio alla salita del monte Moriah di Abramo e Isacco, una delle scalate per eccellenza! 

“Il suo sogno sarebbe stato quello di partecipare al viaggio di tre giorni, quando Abramo se n’andava sul suo asino, con la propria tristezza davanti a sé, e Isacco al fianco. Gli sarebbe piaciuto essere presente al momento nel quale Abramo, levando lo sguardo, vide all’orizzonte la montagna di Moriah, al momento in cui rimandò indietro gli asini e salì il monte, solo col suo figliolo, perché era preoccupato, non degli ingegnosi artifizi dell’immaginazione, ma degli spaventi del pensiero”.

Lo scalare il monte per Abramo è simbolo e paradigma del vero credere in Dio. Lo scalare il monte per la coppia cosa rappresenta? In una parola: amarsi! Se torni indietro, probabilmente ad un bivio perderai il tuo compagno di viaggio, se ti fermi e non hai il coraggio di affrontare puoi aver paura ma se esiti troppo probabilmente non hai riposto fiducia nel rapporto e pensi che non ne valga la pena tanta fatica. Se cominci la scalata stai “salendo” e ne uscirai sicuramente “ossigenato”! Ma perché ci fa così paura? Così come dice Kierkegaard, noi lo viviamo come un distacco, sappiamo che da quel momento in poi stiamo crescendo e quando cresci non puoi più tornare indietro. Il suo esempio è eloquente, paragona questa coraggiosa salita, al momento in cui la mamma deve svezzare il suo bambino e, nella tradizione orientale, si tinge il seno di nero. D’istinto il figlio non comprenderà questo rifiuto della madre, questo volerlo allontanare da sé, ma è proprio quell’amore materno che gli permetterà di essere libero di affrontare la scalata.
Quando non comprendiamo il senso delle nostre salite, forse dobbiamo cambiare prospettiva dalla quale guardare le cose: dalla cima tutto ci sembrerà diverso? Se affrontiamo la scalata insieme ri-scopriremo noi stessi e l’altro? Le situazioni estreme ci mettono a nudo e, paradossalmente, riportano la palla al centro?
In salita ci si da la mano, in salita si smette di parlare di cose futili e non necessarie e si apprezza il silenzio, perché si è impegnati a gestire la fatica e il fiatone. Quando saliamo pensiamo alla salita di Gesù, a quella faticosa salita sotto il peso della croce e alla piaga della sua spalla. Non sarà stato per nulla facile. Ma pensiamo anche a Simone di Cirene e alla Veronica, l’uno lo aiuta portando la sua croce per un po’ e l’altra gli asciuga il volto visibilmente sofferente: credo che sia un’immagine efficace e viva da prendere a modello per nostre salite!
Ed allora, un bel respiro e forza! Ci rivediamo in cima!

Per scaricare il file pdf della sesta passeggiata, clicca qui 

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