La coscienza è in noi il «vicario di Cristo», diceva il grande John Henry Newman. Eppure, l’Evangelii Gaudium sottolinea che il pericolo più grave per l’uomo d’oggi – anche per il credente – è quello di rimanere in balìa di una «coscienza isolata» o «autoreferenziale».
Scrive, infatti, papa Francesco: «Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto» (EG 2).
Per questo si fa necessaria la formazione di un giudizio corretto della coscienza per permetterle di fare giudizi retti e affinché possa svolgere essere all’altezza della propria vocazione la quale è, come ricorda la Costituzione conciliare Gaudium et Spes, essere «il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità».
Ma cosa avrebbe la Bibbia da dire riguardo alla coscienza e alla sua formazione? Questa è la domanda che accompagna la ricerca biblica vetero e neotestamentaria svolta da Michele Marcato nel suo saggio biblico Un cuore nuovo. La formazione della coscienza nella Bibbia, edito dalla San Paolo.
Salvatore Privitera evidenzia che «nel parlare di coscienza con riferimento biblico si ha cura di annotare che nella mentalità ebraica l’equivalente di coscienza corrisponde a cuore». C’è, in altre parole, un certo consenso sul fatto che , essendo il cuore il centro della vita della persona, la parola biblica leb (lebab) è la più prossima alla nostra nozione di coscienza.
Nell’AT il cuore appare in una duplicità di sfumature che rispecchia la duplicità del cuore umano. Il cuore appare spesso inaffidabile e indurito: «Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente (leb/kardia) e saggio i cuori (kelayot/nephrous, cioè i reni), per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni» (Ger 17,9-10).

Un cuore nuovo
Un cuore nuovo
Michele Marcato

Ma il cuore è anche lo spazio del rinnovamento dell’alleanza con il popolo. In Geremia, ma anche in Ezechiele, il Signore annuncia una nuova alleanza impressa nel cuore dell’uomo un cuore nuovo e rinnovato: «Darò loro un cuore nuovo, uno spirito nuovo metterò dentro di loro. Toglierò dal loro petto il cuore di pietra, darò loro un cuore di carne, perché seguano le mie leggi, osservino le mie norme e le mettano in pratica: saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio» (Ez 11,19-20). E Geremia: «Porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande - oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,33-34).
Osserva Luis Alonso Schökel che la legge che era «una realtà esterna, scolpita su pietra, una serie di comandamenti e di proibizioni di fuori, con le quali non si sintonizzava l’intimità profonda dell’uomo» viene ora posta nell’intimo, scritta direttamente sul cuore.
Questi cambiamenti aprono alla novità del messaggio dei vangeli dove – scrive l’a. – «si annuncia che la partecipazione al mistero pasquale di Cristo realizza una radicale trasformazione dell’uomo, mediante lo Spirito Santo, che conduce a una relazione rinnovata e pienamente compiuta nei confronti di Dio: la relazione filiale con un Dio che è Padre».
Il NT conserva una grande continuità con l’AT riguardo alla duplicità, durezza ma anche ruolo fondamentale del cuore. Il cuore si attacca a ciò che l’uomo considera come il proprio tesoro (cf. Mt 6,19-21) ed è perciò importante sapere a cosa si stia dando il proprio cuore.
Il cuore, in senso paolino, coincide fondamentalmente con la coscienza e svolge la funzione della syneídesis per esprimere un giudizio giusto e secondo Dio. Da qui l’importanza di impegnarsi per una coscienza purificata e in cammino di maturazione verso la pienezza della legge che è la carità.

Il cammino di educazione della coscienza potrebbe essere riassunto nel cammino e nel lavorio di profonda sintonia con Dio. In questa sintonia la coscienza, oppure il cuore, del credente non viene considerata come istanza alternativa alla volontà di Dio, ma esprime «piuttosto l’uomo, nella sua interezza, quando rimane in dialogo con quel Dio personale che lo ha salvato e che lo interpella continuamente». La coscienza, per ridirla con la GS, si configura come «il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità» (n.16).
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