Ho scritto questa storia per rispondere alla domanda di una bambino di 9 anni che chiedeva: Capisco che Gesù mi ama, ma non capisco perché è dovuto morire per dire questo amore. 

* * * 
Tre crocifissi erano sul Golgota. Uno è morto maledicendo, uno è morto benedicendo e uno è morto divenendo una benedizione per tutti, anche per coloro che lo maledicevano.
Uno è morto ostinato nella chiusura, uno è morto chiedendo perdono, uno è morto perdonando, anche coloro che l’avevano crocifisso.
Uno è morto. Uno è entrato nella vita. Uno ha dato la vita a tutti.
I tre, in fondo, erano ladri. Il primo ha rubato sulla terra. Il secondo ha rubato il cielo. Il terzo, lasciandosi “rubare” la vita, è riuscito a rubare i prigionieri della morte e a riportarli al Padre.
Conosci dai vangeli i brevi dialoghi tra i tre. Conosci le sette parole di Gesù in croce. Ma sicuramente non conosci il dialogo che Gesù ha avuto con un bambino, Tarcisio, che era ai piedi della croce.
Non era la prima volta che incontrava Gesù. La volta precedente era stata un paio di anni prima. Tarcisio era stato portato dalla madre perché Gesù lo benedicesse. Gli apostoli si erano opposti, ma Gesù aveva detto allora: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio» (Mc 10,14).
Tarcisio capì che Gesù era un amico affidabile. Capì anche che non era un uomo qualsiasi perché non pensava come un uomo qualsiasi. Quell’abbraccio di Gesù fu l’inizio di una grande amicizia, un’amicizia che portò il piccolo Tarcisio ad essere presente ai piedi della croce di Gesù. Sapeva, infatti, che il vero amico si riconosce nel momento della difficoltà e lui era lì, per Gesù, suo amico.
«Tarcisio!», chiamò Gesù il fanciullo, facendo uno sforzo immane per dire ogni parola, «Cosa fai qui?».
«Maestro. Sono qui per starti vicino. Sei il mio più grande amico. Tu non mi hai abbandonato. Non voglio abbandonarti».
«Figliolo caro. Benedico il tuo cuore. Ti ringrazio perché ricambi il mio amore».
«Gesù perché sei sulla croce?».
«Sono qui per amore».
«Non potevi amarci senza la croce?».
«Certo che potevo. Sono qui per amore, ma non ho scelto io di essere qui. Io ho pregato che passasse da me questo calice. Avrei preferito amare l’umanità senza tutto questo odio nei miei confronti. Senza questa sofferenza».



«Hai pregato Dio, tuo Padre, Colui che ti ascolta sempre. Perché non ti ha ascoltato?».
«Figliolo. Ho pregato che passasse da me questo calice, ma ho anche pregato che fosse fatta la volontà del Padre».
«E la volontà del Padre è stata che tu, proprio tu, il Figlio prediletto, morissi così?».
«No. No figliolo. Ti dicevo che non ho scelto di essere qui, ma neppure il Padre ha scelto che io fossi qui».
«Scusa, Gesù, non ti capisco! Se né tu né il Padre avete scelto di essere qui, che ci fai sulla croce?».
«Tarcisio caro. Il Padre e io abbiamo scelto di amare il mondo in modo incondizionato, fino alla fine. Io ho dato tutto me stesso e il Padre ha dato tutto se stesso in me perché il Padre è in me e io sono nel Padre».
«Quindi, Gesù, tu non hai voluto la croce?».
«Non direttamente. Io voglio dare la mia vita a voi, a te, a tutti, anche a quelli che mi hanno crocifisso. Sapevo comunque che non tutti avrebbero accettato il mio amore. Sapevo che alcuni – tanti – avrebbero rifiutato il mio amore. Ma non volevo che il loro “no” annientasse il mio “sì” d’amore. Io sapevo e il Padre sapeva che il nostro “sì” di amore per l’umanità avrebbe avuto un grande costo, sarebbe costato questa croce. E il Padre e io abbiamo detto comunque di sì».
«Certo che è costato troppo. Lo dici con termini addolciti. Il tuo amore ti porta alla morte».
«Figliolo, io non muoio, io do la vita».
«Cambia poco, il risultato è lo stesso. Tu non ci sarai più e io sono triste, triste da morire».
«Tarcisio, chi si dona per amore non muore, dona la vita. E io sono la Vita, io non muoio, io vinco la morte con la mia morte».
«Non ti capisco».


«Cerco di farti capire con un’immagine: cosa succede se porti una candela in una stanza buia?»
«La luce della candela vince il buio».
«Ecco. Ti ricordi quando ho detto: “Io sono la luce del mondo”? Io, morendo nel corpo, entrerò come Luce nel regno della morte e la morte sarà annientata».
«Quindi non si morirà più?».
«Si morirà, Tarcisio. Bisogna morire. Questa vita non è il traguardo finale. Ma la morte non sarà più una fine, ma l’inizio della vita vera. Una giovane, un po’ più grande di te, lo capirà e dirà: “Io non muoio, io entro nella vita”».
«Adesso capisco un po’ di più. Correggimi se sbaglio: quindi, tu non scegli di morire, tu scegli di dare la vita. Tu non scegli la croce, scegli di amarci. E non è il tuo dolore che conta, ma il tuo amore?».


«Esatto, Tarcisio. Non posso volere il dolore e il male. Io sono Figlio del Padre Buono. Io scelgo il bene, la vita, l’amore. Sempre. Li scelgo e così vinco il male, l’odio, la chiusura del cuore dell’uomo».
«Ma sono comunque triste, Gesù. Tu morirai e non ci sarai più».
«No, piccolo mio. Io ci sarò. Ci sarò in modo più reale e più permanente di adesso. Prima, mi incontravi ogni tanto. Dopo la mia morte e la mia risurrezione, sarò con te sempre, fino alla fine del mondo».
«Risurrezione? È una parola che non conosco».
«La risurrezione è quando tornerò su questa terra. Compirò la mia promessa di rafforzare i miei discepoli nella fede e li manderò ad annunciare il Vangelo, la buona notizia, nel mio nome».
«Mi sembra impossibile. Non ho mai visto nessuno risorgere prima. Mi sa di incredibile».
Gesù, nonostante il grande dolore, sorrise, guardò Tarcisio negli occhi e disse: «Figliolo. Sì, è impossibile, ma io sono il Dio dell’impossibile. Sì, non è successo prima – al massimo qualche morto è stato riportato in vita. Io stesso l’ho fatto alcune volte nella mia vita – ma perché io sarò il primo a risorgere. Sarò la primizia della risurrezione. Sarò tuo fratello maggiore e tu sarai figlio adottivo di mio Padre».
«Che bello. Non sarai solo mio amico, ma mio fratello. Ma come posso raccontare la risurrezione ai miei amici che non ti conoscono?».
«Pensa al seme. Il seme che cade in terra muore per dare frutto. È così anche per me. Io muoio e la mia morte distrugge la morte, distrugge la barriera che c’è tra voi e mio Padre. La barriera del “no” dell’uomo sarà distrutta dal mio “sì” totale. Io muoio per dire “sì” in tutti i posti e in tutte le situazioni in cui è stato detto di “no”».
«Bella l’immagine del seme. Mi fa capire tantissimo quello che dici. Comunque mi mancherai. La vita sarà troppo lunga fino a quando non ti rivedrò».
«Figliolo. Come ti dicevo, io sarò con te e con voi fino alla fine del mondo. Tu mi potrai incontrare ogni volta che il tuo cuore sarà aperto al mio amore. Quando ami, io sarò nel tuo cuore ad amare. Ama e mi vedrai. Ama e mi troverai tra i tuoi giocattoli, tra i tuoi compiti, nel tuo lavoro, nei tuoi incontri».
Il dolore si faceva sempre più lancinante e Gesù faticava a parlare. Fece qualche momento di silenzio ad occhi chiusi e stretti che tradivano la sua grande sofferenza, poi riaprì gli occhi e guardò con la sua inimitabile tenerezza Tarcisio e continuò a dire: «Per amare, ricordati che non devi separarti da me, perché io sono la vite e tu sei il tralcio. Se rimani in me fluirà in te lo Spirito del mio amore. Amerai e darai molto frutto. Quando penserai alla preghiera, non cercare definizioni troppo sublimi: la preghiera è dimorare nel mio amore. Ricordati di questo mio sguardo. Accogliere questo sguardo e ricordarlo è il cuore della preghiera».
«Gesù, come dimenticare questo tuo sguardo?! Nessuno mi ha mai amato con la presenza e la tenerezza tua. Nessuno ha mai visto dentro di me amandomi così. Ricorderò questa lezione sulla preghiera. Dimmi come incontrarti ancora. Dimmi come ricordarti ancora».
In quel momento Gesù guardò verso sua mamma che era lì sotto alla croce e le disse: «Donna, ecco, anche questo è tuo figlio» e a Tarcisio disse: «Ecco mia madre. È tua madre. Lei non si dimentica mai di me. Ricorda ogni parola, ogni gesto e lo serba nel suo cuore. Va’ sempre da lei. Lei ti racconterà di me».
Poi guardò verso un giovane discepolo che tanti chiamavano «il discepolo che Gesù ama» e disse a Tarcisio: «Ho affidato a lui e agli apostoli di spezzare il pane in memoria di me. Non ti allontanare da loro. Sarò presente con il mio corpo ogni volta che spezzeranno il pane e alzeranno il calice. Il pane è il mio corpo, pane che ti darà la mia forza e il calore del mio amore. Il calice è calice del mio sangue, della mia trasfusione nella tua vita. Quando mangerai quel pane saremo una cosa sola, una carne sola. Tu rimarrai in me e io in te».
«Saremo uniti proprio come quando mi hai abbracciato?».
«Di più Tarcisio, di più».
In quel momento iniziò a fare tanto buio e sembrava vicino un temporale. Un soldato gentile invitò le donne che erano lì con la mamma di Gesù e il discepolo amato ad allontanarsi. Mentre la mamma di Tarcisio lo stava portando lontano, Tarcisio si sganciò, fece un passo verso il crocifisso e gli disse: «La mia giovinezza sarà il miglior riparo per il tuo corpo. Sarai presente in me. Sarò la tua presenza».
Gesù accompagnò Tarcisio con lo sguardo e con un sorriso che sapeva di eroismo in quegli ultimi momenti di agonia. Il suo sorriso sapeva di vittoria perché già prima di morire Gesù era risorto nel cuore di quel bambino, nel cuore del ladrone di destra…

Gesù nel dolore sorrise perché sapeva che da lì a poco sarebbe risuscitato… e sapeva che, come con Tarcisio, avrebbe innescato il contagio della risurrezione in tanti cuori.
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