Quando mi ha scritto Michela chiedendomi se potessi scrivere la prefazione a questo libro simpatico e commovente allo stesso tempo, mi sono venuti i sudori freddi. È un grande onore, per carità, ma è anche un enorme onere introdurre alla bellezza senza contaminarla e senza travisarla.
Guardando allo stile biografico del libro, di cui conoscevo già la seconda metà (avendo avuto la gioia e la ricchezza di seguire dal vivo la seconda navigazione transatlantica per portare a casa Moises David) ho deciso di portare due momenti biografici in cui questa storia mi ha edificato, commosso e interrogato.
Non pochi sono quelli che guardano alle storie di adozione come storie di ripiego. Qui vi troverete davanti a un’esplosione di vita, a un dispiegamento meraviglioso della capacità di amare. Questa capacità l’ho toccata con mano, anzi con il cuore che ricorda ancora la stretta che gli è venuta quando per la prima volta Michela mi ha narrato cosa significasse l’essere madre e padre di Miguel Angel (Moises David era ancora nello spazio colombiano e la sua figliolanza nella fantasia di Dio).
Dovevo fare due conferenze, una sulla sessualità nella Bibbia e una sulla fecondità. Mi era chiarissimo che la fecondità è molto più della fertilità. Conoscevo Michela soltanto da pochi mesi, ma è stata la prima persona che mi è venuta in mente per farmi un corso rapido di distinzione tra questi due aspetti.



Tengo ancora quella lettera e quindi ne cito qualche perla. Intanto premetto che una delle prime cose che Michela mi aveva detto era che lei e Christian sapevano prima del matrimonio dell’impossibilità di avere figli. Già questo fatto, che potrebbe passare inosservato, è in realtà un grande esercizio della graziosità, della gratuità e della creatività dell’amare. «Abbiamo da subito avuto il “sospetto” – spiega Michela – che dietro a questa povertà si nascondesse una ricchezza, perché avevamo già avuto modo di sperimentare che Dio guida la storia in maniera spesso inaspettata, sorprendente. Quindi abbiamo rifiutato di sentirci vittime e di piangere la nostra condizione».
Parlando di Miguel Angel e del primo contatto con la sua foto, ho avuto l’impressione che per Michela fosse stato come la prima ecografia! Mi scrisse infatti: «Non so come sia scattato il senso di maternità ma da quel momento in me ha cominciato a battere un cuore di mamma. È un miracolo. Non è roba nostra. Basta solo aprirsi un po' e dare disponibilità a Dio di fare quello che ha in mente».
Qualche mese prima dell’arrivo di Moises David, siamo stati ospiti di Michela, Christian e Miguel Angel. La casa di pochissime decine di metri sapeva di spaziosità perché l’accoglienza non si tra i muri, ma nei cuori e lì abbiamo visto cuori aperti, fecondi… in quel giorno si è parlato di Moises David ed è venuto di nuovo a galla, con grande spontaneità, quel senso materno e paterno che scatta improvviso come la luce alla parola creatrice di Dio con il fiat lux.
Ed è qui che introduco il secondo ricordo e la seconda lezione grande che ho ricevuto contemplando il coraggio e la fecondità di questi giovani amici, sorseggiando con gioia le quotidiane tazzine di caffè del diario social che adesso anche voi avete tra le mani.
In quei giorni, anche io ero «in attesa» e stavo scrivendo in fretta e furia un libro incoraggiato da tra l’altro da Michela: Il gioco dell’amore. 10 passi verso la felicità di coppia. Parlavo in un capitolo della tenerezza di coppia e in famiglia… e la navicella che stava girando, coraggiosa e temeraria, stanchissima e indomabile, in Colombia, mi ha trasmesso un’altra feconda lezione di vita: «La forza della tenerezza». Lì ho visto che la fecondità di una coppia non è solo la capacità di accogliere un’altra vita, ma di generare vita in chiunque la incontri.


Questa navicella sta entrando in orbita
Questa navicella sta entrando in orbita
Christian Cinti , Michela Serangeli
Prima di lasciarvi con quello che Christian e Michela hanno scritto in questo libro, vi trattengo per qualche riga con quello che hanno scritto nel mio cuore in quei giorni.
Ho seguito un diario social che una coppia di amici, nel loro viaggio per prendere il figlio adottivo all’estero, ha voluto scrivere per ricordo. Il diario consisteva in condivisioni quotidiane delle impressioni del giorno, con tanto di foto. Osservando le foto del nuovo arrivato, ho notato nel breve arco di tempo di questo viaggio, come il suo volto, il suo portamento e i suoi occhi, man mano che passavano i giorni, diventavano più distesi, rilassati e luminosi.
È questo il miracolo della tenerezza: saper dare alle persone un grembo per rinascere. Non a caso, nelle lingue semitiche, la tenerezza è associata all’utero materno. Avere tenerezza è come donare un utero all’altro per rigenerarlo.
Quando si sa esercitare la tenerezza, i miracoli diventano all’ordine del giorno. Vedi a volte persone ferite dalla vita che, fasciate e avvolte da attenzioni tenere, iniziano a cambiare. I muscoli del corpo diventano sempre meno rigidi, gli occhi più lucenti, i sorrisi più frequenti. L’amore di tenerezza dona loro la sicurezza per scommettere di nuovo sulla vita.

Christian e Michela hanno scelto il motivo spaziale per narrare la loro avventura. Io, guardando i nomi dei figli Miguel Angel e Moises David, vedo un’epopea biblica tra angeli, profeti, re e poeti… Ad ogni modo, un’avventura ricca, feconda, per niente ingenua, ma sicuramente ingegnosa. Un’avventura carica di quella capacità che solo l’amore ha di creare, ricreare e spaziare al di là dei limiti che la natura pone prendendo forza dal Sole, Gesù Cristo, che tocchiamo in mano ogni volta che ci lasciamo raggiungere e attraversare dalla fecondità del suo amore. 

Potete vedere un video della famiglia Cinti su questo link (a partire dal minuto 6.40)



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