«Fides si non cogitetur nulla est». Così scriveva Sant'Agostino spiegava che la fede se non è pensata non è nulla. Forse gli fanno eco le parole di Giovanni Paolo II nel lontano 1982 quando affermava che «una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta».
Nell’ottica cristiana, fede e ragione devono camminare insieme. Sebbene la fede non sia riducibile alla ragione, essa nondimeno non prescinde da essa. Nel suo ultimo libro uscito per i tipi della San Paolo dal titolo Perché crediamo in Dio. Le ragioni della fede cristiana nel mondo contemporaneo, Roberto Giovanni Timossi, filosofo noto per il suo impegno nel confronto interdisciplinare tra filosofia, teologia, religione e scienza, si propone di presentare uno strumento per approfondire i motivi ragionevoli che propendono verso l’affermazione dell'esistenza di Dio e dei fondamenti del credo cristiano.
In questo senso, l'autore si propone di affrontare temi centrali apparentemente scomodi per il credente del nostro tempo, come la teoria dell'evoluzione, l'esistenza di molteplici universi, la presenza di vita intelligente extraterrestre, l'ammissibilità scientifica dei Miracoli, il problema del male nel mondo e della violenza nella Bibbia, la sostenibilità a logica dell'idea di ispirazione divina delle Sacre Scritture, l'attendibilità storica della risurrezione di Cristo.
La domanda di senso che apre il primo capitolo del libro accompagna, a volte in modo silente e timido, la vita dell'uomo. Il famoso quadro di Paul Gauguin intitolato Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? presenta in un unico dipinto diversi quadri rappresentativi del percorso dell’umano dalla nascita alla morte. La storia del dipinto aggiunge ad esso un significato ulteriore. Gauguin lo realizza nel 1897, lavorando ininterrottamente per un mese particolarmente difficile della sua vita, dato che è appena morta la figlia prediletta Alina. Il dipinto raffigura simbolicamente tutto il creato che compie il ciclo inesorabile della vita umana. Il quadro rappresenta non solo il grido dell'artista, ma simbolicamente di ogni uomo che possiamo condensare nel verso di Giacomo Leopardi «Dimmi ove tende questo vagar mio breve, il tuo corso immortale?».
Il non senso non è una risposta. Il nulla non è una risposta. Il nulla non spiega l'essere e gli enti. Ex nihilo nihil fit. L'uomo abbraccia il nichilismo come resa non come scelta. L'uomo che sceglie di vivere la propria esistenza si sente forse più vicino all'interrogare di Blaise Pascal che scrive: «Quando considero la piccola durata della mia vita, inghiottita nell'eternità che la precede e la segue, il piccolo spazio che occupa anche quello che vedo perduto nell'infinita in vendita degli spazi che ignoro e che mi ignorano, mi atterriscono e mi stupisco di vedermi qui piuttosto che altrove, perché non c'è alcuna ragione che io sia qui piuttosto che altrove, perché io sia oggi piuttosto che allora. Chi mi ci ha messo? Il silenzio eterno di questi spazi infiniti mi atterrisce».
A queste domande esistenziali, la scienza non risponde e non può rispondere. Non è in suo potere come non è suo compito. L'astrofisico statunitense Allan Sandage spiega che «la scienza rende esplicito l'incredibile ordine naturale. Ma la scienza può rispondere solo a un tipo fissato di domande, che concernono il cosa, il dove e il come. Non risponde, e in verità non può al “perché”. Se non c'è Dio, niente ha senso».
La domanda di senso è la più umana tra le domande. Il premio Nobel Arno Allan Penzias evidenzia che non possiamo fare a meno di combattere con il significato perché quantomeno sarebbe orribile avere la sensazione di vivere in un mondo senza significato.
Accantonare le domande essenziali ed evitarle per la non facilità delle risposte è decidere di vivere al di sotto del proprio potenziale umano. Friedrich Nietzsche, passeggiando per le vie di Genova nel 1882, viene trascinato in questa meditazione: «Ãˆ per me una melanconica felicità vivere in mezzo a questo gomitolo di stradicciole, di miserie, di voci: quanto piacere, quanta impazienza e brama, quanta assetata vita ed ebbrezza della vita si rivelano qui in ogni istante! Eppure, per tutti questi esseri tumultuosi che vivono e hanno sete di vita, ci sarà presto tanto silenzio! Come alle spalle di ognuno sta la sua ombra, la sua cupa compagna di viaggio! È morte e silenzio di morte l'unica cosa sicura e a tutti comune di questo futuro! Sarei ben contento di fare qualcosa per rendere il pensiero della vita cento volte ancor più degno di essere pensato».
La questione del senso non è né facile né immediata. Anzi, come sottolinea il critico letterario Terry Eagleton, «almeno all'apparenza, il senso della vita è curiosamente prossimo all'insensatezza». Questo è all'apparenza. In realtà una categoria che offre un ermeneutica migliore dell'esistenza è quella eccedente di “mistero”. Scrive Abraham Joshua Heschel: «l'uomo e il mondo hanno in comune un mistero. Quello di dipendere da un significato che non è semplicemente dato nel mero esistere». I fatti del mondo non sono tutto. Credere è fare spazio a ciò che è oltre. Credere significa decidersi per qualcosa e per qualcuno.
La scelta del senso è una scelta attiva. Possiamo vederne il lato di opzione nelle parole di Jean Guitton che scrive: «Tra l'assurdo e il mistero ho scelto il mistero. Sartre aveva scelto l'assurdo, io il mistero. L'assurdo significa privo di senso e dunque ci spinge a trovarne uno. L’assurdità dell'assurda sfocia nel mistero. Ho scelto il mistero e, avendolo scelto, ho scelto una scala. Salgo una scala e, ogni volta che avanzo con un piede, l'oscurità diviene via via più grande, e nello stesso tempo la luce più chiara. L’assurdità non è una via, è il traguardo; il mistero, invece, è una via».
Passando su un altro versante, Timossi dialoga con alcune istanze contemporanee della scienza per mostrare che l'universo ha avuto inizio. Le ultime misurazioni risalenti al 2013, infatti, ci indicano che dovrebbe avere 13,82 miliardi di anni. «Se il cosmo ha un'età è di per sé intuitivo che non è sempre esistito così com'è, ma ha avuto un inizio; e questo non è una verità banale, bensì un elemento centrale per capire il mondo in cui viviamo». Il Credo marxista della materia «autosussistente» è scientificamente sbagliato. L'universo ha avuto inizio insieme al tempo come insegna la teoria della relatività di Einstein.



A tal proposito, la teoria del Big Bang, che ha le sue basi nelle teorie dell'astronomo cattolico e gesuita belga George Lemaitre, non contraddice la fede, ma  esprime un'ipotesi dell'espansione dell'Universo alla stregua di un palloncino che viene gonfiato che non nega o sostituisce il principio creatore e non sopprime la domanda su come e da dove questo tutto sia venuto e abbia avuto inizio.
L'ordine dell'universo, poi, impone una riflessione che l'astrofisico di fama internazionale Trinh Xuan Thuan eloquentemente in questi termini: la probabilità di un universo come il nostro equivale al lancio di freccia di un arciere che riesca a colpire alla cieca un bersaglio posto a una distanza di quasi 14 miliardi di anni. Insomma, un vero miracolo.
Secondo le intenzioni dell’autore, il libro vorrebbe essere una piccola summa divulgativa su fede e ragione (scientifica). Per chi conosce le altre opere dell’autore, noto per la sua capacità documentale, si potrebbe notare una condensazione che rende a volte questa selva troppo folta per essere penetrata, non tanto per le argomentazioni, che l’autore possiede e presenta con arte, ma per la brevità di trattazione dei singoli argomenti che a volte lascia il lettore senza appigli sufficienti per lasciarsi convincere e abbracciare la tesi proposta. Sarebbe stata auspicabile una maggiore delimitazione degli argomenti proposti e una maggiore trattazione estensiva degli stessi.
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