eye, sguardo, disincanto, incanto

Come figli del nostro tempo abbiamo ereditato un disincanto che si manifesta con chiarezza quando paragoniamo la nostra Weltanschauung, visione e percezione del mondo, a quella dell’uomo dei secoli passati. Questo processo di «disincantamento» (disenchantment), secondo Charles Taylor, implica «un cambiamento di sensibilità». Siamo in un nuovo milieu che ci stabilisce in una nuova prospettiva di sperimentare il mondo la quale, pur non determinandoci in modo assoluto, ci condiziona e costituisce il nostro punto di partenza, l’humus da cui partiamo per valutare, sentire e vivere il mondo.
Questo scenario è noto come secolarizzazione. Taylor, nel primo capitolo del libretto Incanto edisincanto. Secolarità e laicità in Occidente edito dalla EDB,  mostra che esso non è costituito di un’unica versione fatta di avversione univoca verso la dimensione religiosa. Il termine secolare ha alle spalle una storia complessa e ambigua. Storicamente, l’opzione per il secolo si manifestava sia come rifiuto totale della dimensione religiosa, sia (è il caso di John Locke) come affermazione della necessità di alcuni aspetti della religione per il buon ordine sociale.
Nel primo caso, la laïcité si basava su un’idea di autosufficienza del secolare e sull’esclusione della religione. Lo stato sostituisce qualsiasi istituzione religiosa- Secondo Marcel Gauchet, lo stato deve essere «morale et enseignant» e deve aver cura delle anime «al pari di qualsiasi chiesa o comunità, ma a titolo più universale».
Locke, per il secondo caso, escludeva dalla tolleranza gli atei e i cattolici. I primi, perché affermava che il loro scetticismo riguardo all’esistenza di una vita dopo la morte compromette la loro disponibilità a mantenere le promesse e a rispettare l’ordine costituito. I secondi, perché non possono far altro che contestare tale ordine (sic!).
Tornando al disincanto della mente secolare, Taylor la collega a un processo interno della riforma. La riforma ha voluto instaurare un ordine di responsabilità dissociato da qualsiasi mediazione tra il soggetto e Dio. Ogni uomo è co-protagonista principale della sua vicenda religiosa. L’ipotesi di Taylor è che questo nuovo ordine e che questa nuova visione delle potenzialità di un ordine cristiano è andata ben oltre le aspettative di chi l’ha lanciata. Essa è diventata «sempre più orientata verso una logica “immanente” (all’idea, per esempio, che l’ordine civilizzato, educato fosse a conti fatti l’ordine cristiano)». La grande sorpresa inaspettata era che questa versione di cristianesimo era «priva in gran parte del suo contenuto “trascendentale” ed era perciò pronta per una nuova avventura, in cui la concezione del buon ordine… poteva essere abbracciata anche a prescindere dalla sua origine teologica».

La religione che ha voluto diventare personale è diventata solitaria. Essa ha subito un tragico processo di «fragilizzazione». L’analisi sociologica di Taylor manifesta implicitamente l’esigenza intrinseca di una dimensione comunitaria, interpersonale di ogni essere religioso nel mondo. D’altronde, «non è bene che l’uomo sia solo».