In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.
Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì».
Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei».
E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».
Ez 1,2-5.24-28   Sal 148   Mt 17,22-27
A parte le due idee ludiche che mi sono venute al leggere questo vangelo - che pure Gesù pativa il fisco italico e che ha dovuto ricorrere a un miracolo per pareggiare i conti - questo vangelo trasmette una ricca e impegnativa lezione sul nostro dovere sociale di incarnazione. La fede non ci esonera dalla terra, ma ci spinge ad avere radici, ad impegnarci, a contribuire a rendere il nostro mondo un mondo più equo... Il bello della fede cristiana è che non vive il cielo come scappatoia dalla storia sfigurata, ma come spinta a trasfigurare la storia. In fondo Dio è un grande sognatore.