Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della
Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone.
Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai
nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le
opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me.
Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore
ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita
eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle
dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
At 11,19-26 Sal
86 Gv 10,22-30
Signore, ci rivolgiamo a te chiedendoti di fare la nostra
parte, quella di elaborare sintesi, di cogliere i fili della tua verità sparsi
sul cammino della nostra vita per risalire a te con un anelito di riconoscenza
e un sussulto di riconoscimento. Grazie perché non cedi alla nostra
arrendevolezza. Grazie perché resisti a noi come resisti ai giudei che
temporeggiano accusandoti di temporeggiare nel manifestarti. È così che capita
nella nostra vita. A volte non ti riconosciamo non perché non riusciamo, ma
perché non vogliamo. Perché riconoscerti costa: costa conversione, costa
crescita, costa combustione e trasfigurazione delle candele opache della nostra
vita nella tua splendida luce. Grazie Signore perché non cedi e dal nostro
infantilismo ci chiami a maturare fino alla piena misura di Cristo; dalla
nostra pigrizia ci inviti a fare la tua opera; dalla nostra teologia delle
comparse secondarie, ci inviti ad essere attori protagonisti della nostra avventura
d’amore con te. Grazie per la tua fede in noi!