E finalmente ci siamo, è proprio il momento di rimboccarsi le maniche e mettersi ai fornelli. Dopo aver deciso insieme il menù, fatto la spesa e apparecchiato la tavola creando l’atmosfera che da sempre desideriamo, si passa all’azione. È il momento del fare, del collaborare e del condividere uno spazio che di solito sembra sempre più stretto di quello che realmente è. Quando si è in coppia la cucina è come la vita, è il luogo in cui si crea, in cui prende forma quello che abbiamo in mente, in cui i singoli ingredienti, mescolati ad arte, danno vita a piatti gustosi. È uno spazio che a volte vorremmo tutto per noi, per avere piena libertà di azione, ma quando si è in due e si prepara insieme, l’aria che tira è tutt’altra cosa, si respira complicità.

Quante volte abbiamo sentito dire o abbiamo detto il famoso proverbio “Chi fa da sé fa per tre”, soprattutto quando avvertiamo in giro quella sensazione, reale o appena accennata, di confusione? Può essere anche vero ma, attenzione, fa per tre non fa per due, non fa per noi due: è questa la grande differenza! Io e te non siamo un io e un te qualunque. No! Io e te siamo noi e proprio per questo siamo squadra. Siamo uno.

Ed allora, quali sono i rischi che corriamo in cucina così come nella vita? Il primo è quasi sempre quello di prevalere, nonostante la scelta sia stata condivisa. Si tende a non ascoltare i suggerimenti, a far di testa propria perché si è sempre fatto così, perché abbiamo l’intima convinzione di far bene, anzi, di far meglio e questo può rappresentare un vero ostacolo soprattutto per chi, timido e insicuro, non vuol fare errori e preferisce subire le scelte altrui piuttosto che prenderle.

Se i coltelli sono affilati, così come troppo spesso lo sono le parole, gli sguardi e i gesti, si può rischiare seriamente di farsi male, di tagliarsi e creare delle ferite, più o meno profonde, che spesso hanno bisogno di tantissimo tempo per cicatrizzarsi, ma quel segno resterà e sarà il punto debole. E se ci scottiamo? Anche lì son dolori!

Procediamo spediti con la preparazione dei piatti, ma di solito non tutto fila liscio, c’è sempre qualche imprevisto, qualcosa che non riesce proprio come ce la aspettavamo. Non capita solo a noi, non siamo solo noi quelli che sbagliamo, ma la differenza sta nel saper cogliere quello che  di buono c’è e di trasformarlo in un capolavoro, di non buttare via nulla, sarebbe uno spreco, ma di dar altra vita ed altra forma.  

E poi, quante volte non rispettiamo le singole fasi, saltiamo passaggi e non rispettiamo i tempi? Quasi sempre, perché andiamo veloci, perché è tardi, perché poi abbiamo un altro impegno e poi un altro ancora: insomma, quando arriva il nostro tempo e il nostro momento? Mai, se non gli diamo l’importanza che merita, perché sopraggiungerà sempre quel qualcosa che stravolgerà i piani, possiamo starne certi.

I dubbi sono dietro l’angolo e di solito, per la cucina, digitiamo la nostra domanda sul motore di ricerca ed ecco la risposta che cercavamo, anzi le risposte di diversi cuochi, food blogger o semplici appassionati. E per la nostra vita di coppia? Come ci comportiamo? A chi chiediamo? Purtroppo lo dimentichiamo con frequenza, ma il nostro Grande Chef super stellato è sempre con noi in cucina, è Lui che ci ha promossi cuochi, che ci ha dato gli ingredienti e che ci mostra i piatti migliori che possiamo preparare insieme.  A chi possiamo chiedere se non a Lui?


MEDITIAMO DA SOLI

 -Nel momento “del fare” come mi comporto?

-Sono collaborativo/a, tendo a prevalere oppure a subire le scelte dell’altro/a?

-Qual è stato un momento o una situazione che mi ha fatto soffrire, perché mi ha fatto sentire escluso/a dalla nostra vita di coppia?

-“Prepariamo insieme la nostra vita” oppure ci adeguiamo a quello che prepara il nostro partner?

-Quando c’è qualcosa che non comprendo o che non va nella nostra vita di coppia a chi mi rivolgo?

-Ho fiducia in Dio? Ho l’intima consapevolezza della pazienza di Dio e dell’amore che prova per me e per noi?

 

 CONFIDENZE NELLA CUCINA DELLA VITA

 -Quanta complicità c’è tra noi?

-Come “prepariamo” la nostra vita di coppia?

-Con molta tranquillità, fiducia reciproca e spirito di condivisione e comprensione apriamo il nostro cuore al/alla nostro/a partner e raccontiamoci cosa vorremmo e come vorremmo “gestire la cucina” della nostra coppia.

-Quanto spesso ci rivolgiamo a Dio come consigliere e aiuto per la nostra coppia?

-E’ con noi, nella nostra cucina?

 

PREGHIAMO INSIEME con Don Tonino Bello

 

Eccoci, Signore, davanti a te. Col fiato grosso, dopo aver tanto
camminato. Ma se ci sentiamo sfiniti, non è perché abbiamo
percorso un lungo tragitto, o abbiamo coperto chi sa quali
interminabili rettilinei. È perché, purtroppo, molti passi, li
abbiamo consumati sulle viottole nostre, e non sulle tue:
seguendo i tracciati involuti della nostra caparbietà faccendiera,
e non le indicazioni della tua Parola; confidando sulla riuscita
delle nostre estenuanti manovre, e non sui moduli semplici
dell’abbandono fiducioso in te. Forse mai, come in questo
crepuscolo del giorno, sentiamo nostre le parole di Pietro:
“Abbiamo faticato tutta la notte, e non abbiamo preso nulla”.
Ad ogni modo, vogliamo ringraziarti ugualmente. Perché,
facendoci contemplare la povertà del raccolto, ci aiuti a capire
che senza di te non possiamo far nulla. Ci agitiamo soltanto.
Grazie, perché obbligandoci a prendere atto dei nostri bilanci
deficitari, ci fai comprendere che, se non sei tu che costruisci la
casa, invano vi faticano i costruttori. E che, se tu non custodisci
la città, invano veglia il custode. E che alzarsi di buon mattino,
come facciamo noi, o andare tardi a riposare per assolvere ai
mille impegni giornalieri, o mangiare pane di sudore, come ci
succede ormai spesso, non è un investimento redditizio se ci
manchi tu. Il Salmo 127, avvertendoci che, il pane, tu ai tuoi
amici lo dai nel sonno, ci rivela la più incredibile legge
economica, che lega il minimo sforzo al massimo rendimento.
Ma bisogna esserti amici.
Bisogna godere della tua comunione. Bisogna vivere una vita
interiore profonda. Se no, il nostro è solo un tragico sussulto di
smanie operative, forse anche intelligenti, ma assolutamente
sterili sul piano spirituale.
Grazie, Signore, perché, se ci fai sperimentare la povertà della
mietitura e ci fai vivere con dolore il tempo delle vacche magre,
tu dimostri di volerci veramente bene, poiché ci distogli dalle
nostre presunzioni corrose dal tarlo dell’efficientismo, raffreni i
nostri desideri di onnipotenza, e non ci esponi al ridicolo di
fronte alla storia: anzi, di fronte alla cronaca. Ma ci sono altri
motivi, Signore, che, al termine della giornata, esigono il nostro
rendimento di grazie. Grazie, perché ci conservi nel tuo amore.
Perché ancora non ti è venuto il voltastomaco per i nostri
peccati. Perché continui ad aver fiducia in noi, pur vedendo che
tantissime altre persone ti darebbero forse ben diverse
soddisfazioni. Grazie, perché non solo ci sopporti, ma ci dai ad
intendere che non sai fare a meno di noi. Perché ci infondi il
coraggio di celebrare i santi misteri, anche quando la coscienza
della nostra miseria ci fa sentire delle nullità e ci fa sprofondare
nella vergogna. Grazie, perché ci sai mettere sulla bocca le
parole giuste, anche quando il nostro cuore è lontano da te.
Perché adoperi infinite tenerezze, preservandoci da impietosi
rossori, e non facendoci mancare il rispetto dei fedeli, la
comprensione dei collaboratori, la fiducia dei poveri. Grazie,
perché continui a custodirci gelosamente, anzi, a nasconderci ,
come fa la madre con i figli più discoli. Perché sei un amico
veramente unico, e ti sei lasciato così sedurre dall’amore che ci
porti, che non ti regge l’animo di smascherarci dinanzi alla
gente, e non fai venir meno agli occhi degli uomini i motivi per i
quali, nonostante tutto, continuiamo a essere reverendi . Grazie,
Signore, perché non finisci di scommettere su di noi. Perché non
ci avvilisci per le nostre inettitudini. Perché, al tuo sguardo, non
c’è bancarotta che tenga. Perché, a dispetto delle letture
deficitarie delle nostre contabilità, non ci fai disperare. Anzi, ci
metti nell’anima un così vivo desiderio di ricupero, che già
vediamo il nuovo giorno come spazio della Speranza e tempo
propizio per sanare i nostri dissesti. Spogliaci, Signore, d’ogni
ombra di arroganza. Rivestici dei panni della misericordia e della
dolcezza Donaci un futuro gravido di grazia e di luce E di
incontenibile amore per la vita. Aiutaci a spendere per te tutto
quello che abbiamo e che siamo. E la Vergine tua madre ci
intenerisca il cuore. Fino alle lacrime.

 

 

 




Maria Marzolla
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