Siamo soggettivi con noi stessi e oggettivi con gli altri. Per questo siamo solitamente ingiusti con gli altri e accomodanti con noi stessi. Gesù ci chiama a vivere l'opposto di ciò. A impegnarci per non essere motivo di scandalo, riconoscendo oggettivamente quando siamo nell'errore e nel peccato, e a essere pronti ad accogliere il ravvedimento dell'altro, non una volta, ma sette volte (e non parliamo di quando Pietro gli fa la domanda su quanto bisogna perdonare...). Eppure, quello che noi facciamo ci sembra così naturale. Ci è così naturale giustificare noi stessi e giustiziare gli altri... mentre l'insegnamento di Gesù sembra proprio “cose dell'altro mondo”. Per questo, il vangelo ci invita ad avere fede, a chiedere la grazia di una fede che, pur nella sua piccolezza, è capace di spostare il gelso del nostro egocentrismo scomodo e di gettarlo nel mare dell'amore di Dio per imparare ad amare come Cristo ci insegna.
#pregolaParola
(Lc 17,1-6)
Disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: «Sono pentito», tu gli perdonerai». Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: «Sràdicati e vai a piantarti nel mare», ed esso vi obbedirebbe.

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