Questo passo ci mette davanti a una coscienza che è rara ai nostri giorni. La coscienza che se ci relazioniamo a Dio, non lo dobbiamo fare soltanto o semplicemente per un nostro benessere, ma per un senso di giustizia che, per le generazioni passate era molto forte. Veniva chiamato la «virtù di religione» e consisteva nel riconoscersi creatura che deve onore e servizio al proprio Creatore. Sembrano tutti termini arcaici e quasi non evangelici, ma il vangelo ne parla e ci invita, oltre al riconoscimento di quanto Dio è buono, amico e a portata di mano, a riconoscere che Dio è Dio e a capire che il mio vero benessere non è cercare me stesso, ma è cercare lui. E che servendo lui, in fondo, ci facciamo il servizio migliore.
#pregolaParola

(Lc 17,5-10)
Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: «Sràdicati e vai a piantarti nel mare», ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: «Vieni subito e mettiti a tavola»? Non gli dirà piuttosto: «Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu»? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»».
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