Tra i primi libri di teologia che ho letto nella mia giovinezza, mi ricordo di un titolo provocatorio: “Mio Dio è inutile” (il libro non era in italiano). L'autore mostrava come il nostro Dio non si rapporta a noi a partire dalla categoria dell'utile, ma a partire dalla gratuità. I bambini in questo possono essere per noi dei grandi maestri. Il loro amore per il gioco, lo sprecare il tempo in compagnia, e altre cose inconcepibili per una mentalità che deve solo fatturare e che cerca soltanto l'utile. I bambini sono per noi un insegnamento e un pungolo per ritrovare un po' di infanzia nella frenesia della produttività. Certo, “bisogna procurarsi il pane”, mi dirai. Sono d'accordo e non posso che esserlo avendo varie bocche da sfamare. Ma il punto è che non bisogna dimenticarsi che il pane procurato si umanizza quando è condiviso, quando è spezzato nella gratuità dei legami. Quando lo accogliamo non solo come frutto del nostro lavoro adulto, ma con i sentimenti dei bambini che riconosco lamano paterna della Provvidenza di Dio.
#pregolaParola

(Mt 19,13-15)
Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.
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