Cene tra amici: il solo pensiero mette allegria, soprattutto ora che inizia la bella stagione, con i tramonti che si fanno attendere e le serate trascorse in giardino intorno a tavole imbandite a festa. L’idea di stare insieme, di trascorrere del tempo in compagnia, di condividere momenti ci rende sereni, predispone il nostro animo all’accoglienza ed abbassa le mura difensive che ci costruiamo attorno. È lo stare insieme che ha questo bellissimo potere, l’incontrarsi che altro non è che venirsi incontro e fermarsi nello stesso punto, condividere la stessa posizione nonostante le nostre orbite siano diverse. A volte completamente differenti. Eppure con il dialogo sembra che tutto possa essere oltrepassato. Ma l’aspetto più importante è la preparazione di quel momento insieme: c’è chi si occupa di cucinare, chi porta da bere e chi il dolce, chi apparecchia e chi rende l’atmosfera più bella e intima accendendo le candele. Questo desiderare di stare insieme permette di pre-gustare la serata, di provare quella gioia entusiasta, quel sorriso che viene naturale e che non si riesce a cacciar via.
Ma allora, una domanda dobbiamo porcela, ed anche molto onestamente: “se stare insieme è così bello, se condividere uno stesso momento ci rende gioiosi, perché non accade la stessa cosa quando partecipiamo ad un incontro di preghiera?”. Si tratta pur sempre di stare insieme! C’è chi si lamenta che spesso questi momenti sono semi-deserti, che non ci si sente coinvolti, che sono molto lontani dalla realtà del quotidiano. Se ci si riflette sono tutte giuste osservazioni, ma una domanda merita pur sempre una risposta e non solo un elenco di colpe e giustificazioni. E per farlo dobbiamo iniziare da noi. Domande rivolte a noi stessi: “Pensare al momento di preghiera insieme è per me fonte di gioia?”, “Mi preparo in qualche modo a quell’incontro o improvviso sempre?”, “Incontro il Signore insieme agli altri, ne sono consapevole?”, “Apparecchio il mio cuore e accendo i miei pensieri per creare la giusta atmosfera?”. Sono solo alcuni degli interrogativi che potremmo porci, e il quadro che nella maggior parte dei casi viene fuori è quello caratterizzato dall’immediatezza del sentire, dall’emotività, dal toccare con mano. Certo, sono aspetti importanti ma non possono essere quelli esclusivi.

“La tua crescita spirituale si esprime soprattutto nell’amore fraterno, generoso, misericordioso. Lo diceva San Paolo: «Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi».
(Christus vivit – Papa Francesco)

La preghiera è dialogo e conoscenza reciproca, è confidenza e di sicuro non posso sempre e solo improvvisare. Di solito, quando devo parlare con un amico e, perché no, anche litigarci, mi preparo il mio bel discorso, ci penso e ripenso per trovare le parole giuste. Anche la preghiera insieme presuppone questo.  
Si tratta di un vero e proprio banchetto pieno zeppo di delizie per il cuore. C’è di tutto, dal dolce al salato, dall’aperitivo al dessert, e c’è davvero da saziarsi! Altro che! Ma è molto più difficile saziare il cuore che il corpo. Con il cuore devi esserci.
Se ad una cena tutti i commensali sono silenziosi, oppure ognuno è lì ma non dialoga con gli altri e si limita a guardare il proprio cellulare, si potrà dire di essere stati insieme e di essersi divertiti? Credo proprio di no! Ed accade esattamente la stessa cosa quando in un momento di preghiera insieme non ci si apre all’altro, quando ci si connette a reti diverse con tanto di blocco tasti e password.

  • Nella preghiera si diventa intimi, si ritorna veramente ad essere fratelli che pregano il Padre ed ogni velo di vergogna e giudizio deve dissiparsi, perché pregando insieme si sta condividendo un’esperienza di un valore ineguagliabile. Pregare non è segno di debolezza ma di forza, è andare oltre il contingente e il tangibile per spingersi verso la terra della fiducia.
E’ capitato, in una veglia di preghiera, durante un campo-scuola, complice il luogo, il silenzio e l’atmosfera, di aver provato all’improvviso, tutti insieme, una gioia immensa, quella che fa venire le lacrime agli occhi. Ma ciò non era dovuto ai “complici” ma ai protagonisti, ai cuori che si erano sentiti liberi di credere e di affidarsi. Credete forse che un Padre possa rinunciare a stare insieme ai suoi figli? Possa negare loro la Sua presenza dopo un degno invito? Non è possibile!

Dio parla nel silenzio del cuore. Ascoltare è l’inizio della preghiera” (Madre Teresa di Calcutta): imparare a fare silenzio, che fatica! Già da soli è complicato, figurarsi insieme ai nostri amici. Ma forse è proprio in quel silenzio, ormai strano silenzio,  che si può ricominciare ad imparare ad ascoltare, ad ascoltarsi e a prendere la giusta velocità.

Un proverbio africano dice: «Se vuoi andare veloce, cammina da solo. Se vuoi arrivare lontano, cammina con gli altri». Non lasciamoci rubare la fraternità!
(Christus vivit – Papa Francesco)


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