Di Maria Marzolla 
“Seguimi”. È l’invito personale che Gesù rivolge a Pietro e ad ognuno di noi e per accettarlo occorre molto più di un click su un tasto. Nel nostro mondo così veloce, nel quale anche il tempo sembra correre non rispettando più il suo scorrere naturale, decidiamo quasi all’istante chi “seguire” e chi no, chi “può interessarci” e chi no. E ciò accade essenzialmente per due motivi. Un click non è assolutamente una scelta radicale, non è “Và, vendi tutto quello che hai e vieni e seguimi!” e soprattutto è una scelta reversibile, lo prevede persino l’app con il tasto “non seguire più”. Eppure, nonostante ciò, aumenta in maniera esponenziale il numero di persone che seguono altre persone, che così, a loro volta, diventano “influencer”. Sì, influenzano il pensiero, il comportamento, la vita degli altri ed è un fenomeno costantemente in crescita che, in alcuni casi, si è trasformato per i followers, coloro che seguono, in un’ossessione che rasenta un vero e proprio incubo. Ma come è possibile che accada tutto ciò? Come è possibile che uno strumento di condivisione possa trasformarsi in distruzione? Ho molto riflettuto dopo aver visto un servizio in tv che trattava l’argomento, di cui fino a quel momento, devo ammettere, non conoscevo né l’importanza, né l’entità.



Appare chiaro che ricerchiamo un modello da seguire e che lo decidiamo secondo la nostra volontà, forse non essendo pienamente consapevoli che quella persona non ci conoscerà mai personalmente e che, con molta probabilità, resteremo solo un numero tra tanti. Una prima grande differenza: Gesù ci conosce uno ad uno come nessun altro e proprio per questo ci ha scelti per primo, invitandoci a seguirlo. Il suo non è un invito a schermata unica, è personalizzato, si manifesta in momenti e modi differenti e secondo la sensibilità di ciascuno. Il suo non è “Segui” ma “Seguimi” (Gv 21,19), non è un mettersi in fila indiana e imitare il capofila, ma un darsi la mano e camminare insieme.
A questo invito non si risponde comodamente ma s-comodandosi.
Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «E’ il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. (Gv 21,7).
Pietro si tuffa in mare per raggiungere Gesù, non lo saluta da lontano. E più tardi, è proprio lo stesso Gesù a porre la domanda per eccellenza. Non aspetta il commento di Pietro o dei discepoli. «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene» (Gv 21,15).


Ecco cosa chiede Gesù, di seguirlo nell’amore. Ci indica la strada maestra e lo chiede proprio a Pietro che qualche tempo prima, nel maggior momento di difficoltà, aveva negato di conoscerlo per ben tre volte. Un uomo messo davanti ai suoi limiti ma amato in modo incredibile da Gesù. E così la scelta di Pietro di seguirlo non è un più un caso ma un ritornare a Casa, quella vera. 


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