«Come può?». È questa la variante di incredulità che attraversa diversi incontri di Gesù nel vangelo di Giovanni. Una domanda semplice, quasi innocente, che esprime un blocco interiore, fatto di ragionamento autoreferenziale che misura tutto a partire dalle proprie categorie, le proprie possibilità, i propri limiti. Anche noi ci troviamo in questo «come può?», ogni volta che siamo chiamati a misurarci con la fantasia di Dio e ci limitiamo invece ad abbracciare con ostinazione il “realismo” della nostra miseria. Realismo irreale perché non tiene in conto una realtà importante: che la nostra miseria non è lasciata a se stessa, ma è visitata dal Pane della vita disceso dal Cielo, per noi. Solo chi accoglie questo amore donatoci sul serio è un vero realista.
#pregolaParola
(Gv 6,41-51)
Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: «Sono disceso dal cielo»?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
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