Come esseri umani, conosciamo per analogia. Conosciamo paragonando: lei è più bella di, lui è più simpatico di,... I contrasti dei paragoni ci consentono di definire l'altro. Il problema dei paragoni, però, è che massificano, non colgono ciò che di unico c'è in chi mi sta di fronte.
 Ciò accade pure con la persona che mi sta di fronte quando guardo lo specchio. Anche in questo vangelo, la conoscenza riguardo a Gesù è massificata. Viene assimilato ai profeti e a Giovanni Battista. Solo lo sguardo ispirato al Padre coglie l'unicità di Gesù. Sotto quello stesso sguardo, risalta anche l'unicità di Pietro. Non è più solo un pescatore peccatore, irascibile e pasticcione ma diventa roccia. Essere cristiani è cogliere e accogliere questo sguardo che ci rivela la nostra unicità.
(Mt 16,13-19)
Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
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