I vangeli di questi giorni sono una scuola di discernimento relazionale e spirituale. Se il passo di ieri ci ha dato una lezione riguardo alle persone a cui rivolgere l'annuncio e, in generale, a cui consegnare ciò che è prezioso per noi, il passo di oggi ci insegna a chi prestare ascolto. Non sono le belle parole bensì i frutti a contraddistinguere le persone spirituali. E quando una persona parla dall'abbondanza del cuore, attingendo allo scrigno del vissuto, qualcosa di più - di molto di più - passa. È lì la differenza tra i discorsi che incantano e gli incontri che convertono. Tante campane del sacro suonano a vuoto, dicendo quello che chi li ascolta vorrebbe sentire per essere confermato nel suo egoismo. Solo i profeti annunciano un vangelo scomodo che smonta i nostri egoismi e ci spinge a elevarci oltre il comodo cristianesimo da salotto verso una sequela che porta frutto dal fecondo innesto nell'albero della croce di Gesù.
(Mt 7,15-20)
Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete.


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