«È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito». Faremmo bene ad ascoltare queste parole di Gesù non come un’affermazione teologica astratta, ma come una realtà esistenziale, come teologia vissuta. È, infatti, un accadimento ripetuto nelle vite di tanti santi e che viviamo anche noi. Quando? Quando spariscono le prime esperienze sensibili della presenza del Signore, della dolcezza della preghiera, dei post-it del Padre eterno che vedremo appiccicati su ogni tramonto e alba… e subentra un silenzio, un senso di assenza. Tanti in queste situazioni entrano nel panico. Ma qui bisogna capire una cosa: se questo silenzio non è dovuto a una colpa nostra, è molto probabile che è una fase di passaggio: la maturazione della fede da una fase sensoriale a una fase più spirituale e matura. Il passaggio dalla fede nei sensi a un più sottile “senso dell’Amato”.
Gv 16,5-11
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.

E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».
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