C’è un’esperienza più tragica di quella dell’essere orfani: la decisione di vivere da orfani senza esserlo realmente. Tutti siamo esposti a una tentazione così. La tentazione di vivere senza Dio, di non incrociare il suo sguardo, di ignorare la sua mano tesa, di trascurare per partito preso la sua parola volendo costruire la propria torre di babele e immaginare una vita da orfano felice. Nelle parole di Gesù in questo vangelo abbiamo la delicatezza di una proposta, di un «se» che non è un categorico kantiano, ma è l’invito libero e liberante di un Dio che ama e dove è amore non c’è costrizione, neppure alla gioia, neppure alla pienezza. Beato chi coglie questo invito alla vera libertà e fa spazio al Paraclito.
Gv 14,15-21
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.

Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
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