In
quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni
digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi
invece mangiano e bevono!».
Gesù
rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è
con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei
giorni digiuneranno».
Diceva
loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per
metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non
si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi;
altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno
perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il
vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».
1Cor
4,1-5 Sal 36 Lc 5,33-39
Hai
presente quelle mattine d’inverno quando sai che c’è qualcosa di bello e
gratificante che ti aspetta fuori dalle coperte e tu, invece di rimboccarti le
maniche, rimbocchi la coperta e ti giri dall’altro lato? È questa la forza
attrattiva del vecchio. Noi siamo fatti per il nuovo, il Nuovo per eccellenza,
per la sequela di Cristo che rinnova la nostra giovinezza come aquile. Ma ci
risulta più facile e comodo vivere di rattoppi e di ripieghi. Gesù ci pone la
sfida del rinnovamento, di domandarci del senso delle nostre abitudini, anche
quelle belle. In fondo, la disputa in questo vangelo è nata sul senso del
digiuno. Perché, nella fede, le abitudini sono buone finché ci mettono in riga,
ma diventano nocive quando ci rendono abitudinari, illusi mediocri che
sorseggiano l’aceto credendo che sia vino d’annata.