In
quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se
uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i
figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio
discepolo.
Colui
che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio
discepolo.
Chi
di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a
vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le
fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono
comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato
capace di finire il lavoro”.
Oppure
quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se
può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se
no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere
pace.
Così
chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio
discepolo».
Sap
9,13-18 Sal 89 Fm 1,9-10.12-17 Lc 14,25-33
Perché
nella sequela è necessario portare la croce? Perché l’essenza dell’amore è
uscire da sé, fare spazio, diventare spazio per l’altro. Anche quando fa male,
l’amore non ci fa male, l’amore fa bene a svuotarci da noi stessi perché solo
così possiamo diventare realmente vivi. A ragione diceva santa Teresa di
Calcutta: «L’amore, per essere vero, deve costar fatica, deve far male, deve
svuotarci del nostro io». L'amore fa male perché ci partorisce... e quanto ci fa bene!