In
quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno
è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio
dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia
innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita
eterna.
Dio
infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque
crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio,
infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché
il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Nm
21,4-9 Sal 77 Fil 2,6-11
Gv 3,13-17
Celebrare
la glorificazione della croce non è l’esaltazione del patire, ma è credere che il
Signore può usare le nostre stesse lacune per dare la Sua pienezza, può dire se
stesso nei nostri silenzio, può seminare risurrezione laddove siamo caduti a
terra, anzi, sotto terra. La croce è il sigillo della folle sapienza di Dio
perché lì noi abbiamo consegnato il figlio alla morte e proprio lì, il Padre,
ce l’ha consegnato come balsamo che guarisce, pane che nutre, sofferenza che
consola e morte che frega la morte, risorge e ci dona la vita.