In
quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre,
Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù
allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse
alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua
madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Eb
5,7-9 Sal 30 Gv 19,25-27
Ciò
a cui aspirano veramente i nostri dolori non sono tanto le soluzioni quanto la
consolazione. E in quel “con” c’è tutto il segreto della relazionalità umana.
«Ecco tua madre»: Maria ci viene donata sotto la croce del Figlio e sotto le
nostre croci di figli come compagna di dolore, ma anche come barlume di speranza.
Forse la più bella rappresentazione dell’addolorata è la pietà di Michelangelo.
Maria, spezzata, non si scompone. Il suo dolore non la chiude in sé, ma rimane
– come nell’annunciazione – grembo ospitale per la Parola. La sua bocca tace,
ma tutto il suo essere è parola, è grido, è interrogazione e supplica. Dalle
cose che patì, come il figlio, imparò l’obbedienza e la compassione per noi.