In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Dn 7,9-10.13-14   Sal 96   2Pt 1,16-19   Lc 9,28-36
Non ero con Gesù sul monte Tabor, ma capita a volte, in momenti spesso imprevisti, di trovarmi in un punto prospettico particolare dal quale guardo gli eventi e gli incontri della mia vita con una Luce nuova e rinnovatrice. Sono momenti di trasfigurazione in cui tanti «perché» diventano  «sì», tanti silenzi diventano lode, e tante ferite diventano feritoie. È un posto in prima fila alla trasfigurazione? La risposta alla vita che segue.