In
quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che
divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito
giudice o mediatore sopra di voi?».
E
disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche
se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi
disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto
abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei
raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri
più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso:
Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia,
bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà
richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi
accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Qo
1,2;2,21-23 Sal 89 Col 3,1-5.9-11 Lc 12,13-21
Tra
i due fratelli di questo vangelo c’è una spaventosa povertà: la povertà
relazionale. Una povertà paradossale che riempie le tasche, lasciando il cuore
vuoto e gli occhi solitari. Gesù rimette chi vuole metterlo in mezzo sul
binario della propria responsabilità: «Chi mi ha costituito giudice o mediatore
sopra di voi?». Dopo questa responsabilizzazione, Gesù mette l’uomo davanti al
difficile compito di ricostruire la scala dei valori. Possiamo dire che questo
vangelo è un percorso sapienzale dal venale al vitale; dalla vana animosità alla
preziosità dell’anima e della comunione delle anime.