In quel
tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere
un segno».
Ed egli
rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le
sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona
rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo
resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
Nel
giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e
la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed
ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del
Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà , perché ella venne
dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed
ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».
Mi
6,1-4.6-8 Sal 49 Mt 12,38-42
A volte
chiediamo segni a Dio semplicemente perché vogliamo procrastinare, vogliamo
rimandare il nostro sì. Ci sono, però, cose che si capiscono solo quando
diventano parte della nostra vita. È il caso dell’amore, dell’amicizia, del
perdono, della preghiera… insomma, di tutte le cose che contano. I segni di Dio
li capiamo quando permettiamo a Dio di segnarci, di lasciare un segno
indelebile nella nostra esistenza. Giona ha capito la parola profetica quando
ha condiviso il pathos di Dio. Lì è diventato un segno credibile. E i
niniviti hanno colto il segno perché hanno accolto l’invito alla conversione.
La fede si sa quando si fa.