In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».
At 14,19-28   Sal 144   Gv 14,27-31

Come non soffermarsi meditando questo vangelo sulla relazione che lega il Padre e il Figlio e che trapela dalle parole di Gesù? Questa relazione diventa un paradigma delle nostre relazioni d’amore. Il Figlio, consustanziale (della stessa sostanza) e uguale nella dignità al Padre afferma: «Il Padre è più grande di me». Che senso ha quest’affermazione sulla lingua di Colui che dice altrove di sé: «Chi vede me, vede il Padre» e «Io e il Padre siamo uno»? – è lo sguardo dell’amore che riconosce che tutto il proprio valore è nello sguardo di Colui che lo ama e lo fa essere nell’amore. Ognuno vale quanto è amato e quanto ama. Per questo Gesù dice anche: «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco». Ecco, semplificando, il mistero della Trinità: Amore donato, Amore corrisposto, Amore dono… in eterno.