In quel tempo, Gesù disse alle folle:
«A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.
È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”.
Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

Is 48,17-19   Sal 1   Mt 11,16-19


La sequela della vera sapienza si distingue dalla saccenteria. Chi segue la vera sapienza è umile e raccolto, il saccente è arrogante e dispersivo. Ma proprio nella sua umiltà, il discepolo della sapienza è saldo, ha le idee chiare che portano nella veridicità la prova della loro verità. E così il sapiente non è – per riprendere il Salmo - «come pula che il vento disperde». Il radicamento nella roccia della sapienza di Cristo è il suo polo di gravità e la sua consolazione. Davvero beato l’uomo che trova «nella legge del Signore la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte».