di Anne Mittag
“Le cose di prima sono passate, ne sono nate di nuove”. E io, che sto per passare, io, donna del prima, sto per nascere. Sono data alla vita di oggi; sì – così c’è futuro. Ma che cos’è il tempo? Ho smesso di pensarci. L’istante messo contro luce e fatto brillare al sole di quest’oggi vale l’eternità. È un dono, è una parola dall’alto che sprigiona l’importanza che le cose di prima, di ora e di domani hanno agli occhi di Dio.
Sono radicata nel tempio e lo sono grazie a questi istanti benedetti. Qui il Signore Dio poggia i suoi piedi; qui io glieli posso bagnare di lacrime e gioire davanti a Lui nella lode, qui venire accolta e restituita a me stessa. Qui è la mia casa. Di giorno e di notte, vegli o dorma, sotto il sole d’estate e lungo le piogge d’autunno, nel tempo della semina e nella stagione delle raccolte, nei giorni di festa e nei giorni di lutto io sono qui. Resto ferma dove altri passano; vedo tutti e di tutti vivo. Raccolgo i loro istanti nel tempio e i pochi che di me si accorgono li accolgo con una benedizione. Il clima è solenne, raccolto tra incenso e canti, nessuno viene qui per caso. In pochi che si fermano da me per ricevere il mio dono … sapessero quanto desidero darglielo! Non insisto con nessuno, intanto tornano. Se non domani, il prossimo anno. Io attendo quel giorno, l’ora in cui la vita li parla di me, di noi che qui nel silenzio officiamo l’amore.
Sono sospesa tra terra e cielo da 7 più 7 più 7 anni… da quando ricordo, e non ricordo che il domani. Servire il Signore del Sabato mi rende donna dell’oggi … oggi … per cui non parlo al passato e penso l’ora, vivo al presente, ci sono – e questo è la mia certezza – presso le mie fondamenta. Qualcuno mi chiama la profetessa Anna. Preferisco che ascolti anch’egli invece di parlare, allora. È un grave ministero riferire ciò che Dio vuole e non ne sono che una sentinella. Cerco di non perdere i segni del suo passaggio, perché sento con ogni fibra del mio corpo che lo Spirito è pronto, e lo è nell’oggi. Ogni giorno a suo modo, poiché l’oggi è dato al ritmo dell’amore a cui faccio voto: “Oggi faccio una cosa nuova, ecco – già germoglia, non ve ne accorgete?”. Sono le carezze e sussulti d’animo che mi guidano; la brezza leggera della Sua voce che mi chiama a sé: “Vieni, amica mia, mia bella, mia colomba – fammi sentire la tua voce!”, e intuisco che per tutti sia questo l’invito che li porta a consumare la soglia del Tempio. Trovano anche me, lì alla portico destro, sempre. Alcuni passano per tanti anni senza rendersene conto. Sono lì e li accolgo in nome del mio Dio, fin dal primo giorno, alcuni fin dal seno di loro madre.
La Parola è la mia dimora. Il tempio è la mia casa. Lo è da quando il mio cuore ha esteso i suoi voti: da mio marito a tutti gli uomini e donne che vengono ad offrire e ricevere lo Shalom … Sì, sono graziata da Dio e come piena di grazia sto alla Sua presenza. Egli mi guarda e io mi lascio guardare. Non che io abbia perso il pudore, ma stando dinanzi al Suo volto sto gustando l’abbondanza dell’amore casto che si versa nel mio seno.
Mi considero fortunata. Servo pregando e il mio servizio raggiunge … raggiunge il mio Amato, raggiunge ciascuno di voi che passate, si offre nel nascondimento, dove regna la pace del cuore. Nell’intimità con Dio vi attraggo uno per uno a Lui; le mie confidenze sono le vostre preghiere. Come madre e sorella vi accompagno lungo questo pellegrinaggio. Ci sono, semplicemente, lì.
Intercedo ormai senza molte parole – le bevo negli sguardi e le gusto con l’incenso. Alzo le mie mani vuote di cose e sempre più decise, non per la forza, ma per il desiderio di un abbraccio. Grata sono … “gioisco pienamente nel mio Signore mentre la mia anima esulta nel mio Dio. Mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia” … sovrabbonda il mio calice, come dice il profeta, poiché la mia terra è sposata dal mio Dio.
Attingo la Sua vita dalla terra che a Lui innalza il canto, da quel desiderio che porta qui le genti. Come Adonai, anch’essi poggiano i loro piedi in questa mia dimora. Ogni giorno e oggi il mio Signore entra con loro … e uno di questi “oggi” io lo fermo, lo so. Lo guardo negli occhi e lui ricambia con un sorriso. Non servono parole, ne sono certa. La mia attesa si fa piena dinanzi a quel volto, lo credo. Quel volto è la mia storia, il mio destino, gli appartengo, mi riconosce. Già ne sento i passi avvicinarsi in ogni passo del peregrinare umano; “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni…!” Sono alla porta e busso. Sono portato in braccio dalla promessa, dall’attesa di una donna che come te si affida all’oggi di Dio. Ed ecco – lodo e benedico il Signore che si offre a me e tutta l’umanità nel dono di questo bambino.

Già lo vedo, corro portando le mie ossa rotte là dove nel cuore sono già raggiunta.
Bambino, uomo innocente, inviato e condannato da quella legge sotto la quale oggi ti consacriamo; annodiamo l’infinito al nostro divenire, o Re delle genti.
Simeone mi ti consegna, o piccolo oggi e grande Eterno: Shalom! Che lo Shabbat non veda più tramonto, che l’amore non conosca più separazioni, né la vita debba più morire senza speranza. Eccoti a noi, principe della pace, fardello indifeso e per questo soltanto amabile. Dio incontra la nostra fedeltà nei luoghi e tempi a lui dedicati … e spesso se ne serve per sorprenderci altrove, riconquistando a sé i nostri tradimenti, offrendosi in sacrificio per peccati di cui non è autore … così dice oggi, con la bocca di lattante, così prega nell’oggi del Padre sul legno che lo fa nascere al mondo di sempre.
E io ci sono, ancora, a dare testimonianza a ciò che non passa. Non passare tu allora senza che ti affida il mio dono, perché non è da me, è Suo: ti indico il Signore del Sabato, l’uomo-Dio Cristo Gesù, già ma non ancora in mezzo a noi come colui che serve.