In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Sap 18,14-16;19,6-9   Sal 104   Lc 18,1-8


Ce l’ho tutti i giorni sotto gli occhi il “valore” dell’insistenza, incarnato da tre bambini instancabili nella richiesta. Se mi domando da cosa nasce quest’insistenza, la risposta è duplice: da un sano desiderio che non si sazia di avere, sperimentare, ricevere; ma contemporaneamente dalla fiducia che di fronte hanno qualcuno che li ama, pronto a dare ciò che giova. L’esempio del giudice malvagio del vangelo è una litote, una figura retorica che in negativo vuole mostrarci quanto sia assurdo non fidarci del Padre dal quale ogni paternità prende nome. Accostiamoci con fiducia al trono della grazia, sapendo che Dio o ci dona quello che chiediamo o trasforma il nostro cuore per accogliere i suoi doni.