In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Pr 9,1-6   Sal 33   Ef 5,15-20   Gv 6,51-58


Anche alle orecchie di un popolo per cui la carne e il corpo sono luogo dello splendore di Dio, le parole di Gesù sul mangiare il suo corpo e bere il suo sangue suonano dure, difficili e insopportabili da ascoltare. Eppure è in quel contatto corpo a corpo che Gesù ha voluto innestare lo spazio d’impatto più intimo tra il nostro spirito e Dio. Mangiare il corpo di Cristo non è un fatto “mastico”, ma è l’evento mistico per eccellenza: è entrare nella vita intima del Padre e del Figlio: «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me». Quando mangiamo umanamente annientiamo la realtà mangiata trasformandola in noi. Non così è con il corpo di Cristo: chi mangia Cristo vive in Gesù e Gesù vive in lui. Ma mentre la trasformazione dietetica avviene grazie a processi involontari, il primo organo che deve comunicare a Cristo è la volontà. «Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore» (2a lettura).