Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con
loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il
Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi
e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo
fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e
c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e
disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le
mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo,
ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse:
«Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno
creduto!».
Ef 2,19-22 Sal
116 Gv 20,24-29
A volte crediamo di sapere ciò di cui abbiamo veramente
bisogno, come se realmente conoscessimo noi stessi. Così Tommaso credeva di
sapere cosa gli servisse per credere, per ritrovare l’equilibro. Ma è solo la
realtà dell’esperienza che ci rivela i nostri reali bisogni. Tommaso che
credeva di aver necessità di toccare, quasi con morbosità, i segni del dolore e
dell’amore di Cristo, in realtà si accorse che gli bastava il delicato tocco
dello sguardo dell’Amore e della parola accogliente del Risorto. Non aveva
bisogno di toccare, aveva bisogno di essere toccato. Allora non aveva più
bisogno di invadere le ferite di Dio per evadere dalla sua incredulità, perché Dio
era lì, esposto e disposto a fare tutto per lui. Signore, non ti chiedo di
vedere miracoli, ti chiedo solo di aprire i miei occhi, di toccare il mio cuore
affinché confessi con Tommaso: «Mio Signore e mio Dio».