In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di
Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre
i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze
essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo
sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza
su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo
strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si
spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa
vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».
Gen 27,1-5.15-29
Sal 134 Mt 9,14-17
È comodo crearsi delle coordinate che ci fanno sentire a
norma con il nostro “senso religioso”. Una pratica di qua, un modo di dire di
là e sentiamo di aver messo Dio apposto. È un pericolo che si corre e la sua
gravità passa proprio per la sua sottigliezza. In fondo, che male c’è ad essere
buoni? Nessuno! Ma non basta! Dio non ci ha creato né per mangiare né per
digiunare, ma per le Nozze. Il digiuno è un mezzo, proprio come lo è il mangiare.
Entrambi sono finalizzati: «Sia che mangiate sia che beviate sia che facciate
qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio» (1Cor 10,31). Tutte le
nostre pratiche prendono valore se diventano immersione nel sì nuziale. Rivestiamoci
della pienezza di Cristo, tutto il resto è un rattoppo maldestro.