In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si
pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava
loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi
insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro
di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra
ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di
voi».
2Cor 1,1-7 Sal 33
Mt 5,1-12
Gesù è l’uomo delle beatitudini.
Enunciandole ci annuncia la sua realtà più intima. A imitazione di Cristo, ognuno
ha la chiamata a incarnare il genio delle beatitudini con una modalità unica.
Come scoprire questa modalità? Risponderei con un’intuizione stupenda di
Bergson che dice: «Se la parola di un grande mistico trova un’eco in tale o
tal’altro di noi, ciò avviene perché dentro di noi c’è un mistico che
sonnecchia e che attende solo un’occasione per svegliarsi». Ecco, con le
beatitudini è la Parola stessa a parlarci. E quella beatitudine che ti stuzzica
di più, che risuona più forte dentro di te, è il primo strato dell’edificio
della tua santità: trasformala in preghiera, trasformala in vita.