In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

At 9,26-31   Sal 21   1Gv 3,18-24   Gv 15,1-8


Cosa vorrebbe un genitore che ama da un figlio se non la piena fioritura della vita di quel figlio? Con l’allegoria della vigna, Gesù ci fa riflettere su un fatto capitale: se noi che siamo limitati, immaturi nell’amare, desideriamo il meglio per i nostri figli, quanto più lo vuole il nostro Padre, Colui che non solo ama, ma che è l’Amore stesso? In questa chiave, siamo chiamati a capire la cura non sdolcinata del Signore nella nostra vita: «Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto». In questo cammino della vita dove viviamo la Nuzialità come un faccia a faccia nella notte, donami di fidarmi della Tua mano che pota per «ordinare in me l’amore», per farmi portare più frutto, per farmi discepolo del Crocifisso risorto, per farmi splendere della gloria della Tua somiglianza.