In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi
accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama
me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è
accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.
Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è
mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi.
Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi
insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
At 14,5-18 Sal
115 Gv 14,21-26
Alla provocazione di un pagano che gli chiedeva di
mostrargli il proprio Dio, san Teofilo d’Antiochia, rincarando la dose di
provocazione: «Mostrami il tuo uomo e ti mostro il mio Dio» a riprova che il
Signore non è un quadro che possiamo scoprire o un oggetto che possiamo
scrutare. Dio lo si incontra nella trasformazione del nostro essere lasciandoci
scrutare da Lui. Solo un cuore che ama può riconoscere l’Amato. Il vangelo di
oggi ci dice che Dio è concreto, concretissimo, e solo un amore realmente
accolto che si fa concretezza e incarnazione può cogliere la manifestazione del
Padre in Cristo. Ci dice anche che vivere la memoria presente dell’amore di Dio
– che in questa vita, volenti o nolenti, si sperimenta sotto le specie del
nascondimento – non la teniamo noi, ma l’Amore personale del Padre e del
Figlio, lo Spirito di Cristo che ci è donato abbondantemente se lo vogliamo. Chiediamo
con fede lo Spirito, Dio stesso, memori di quanto ci insegna Gesù stesso: «Dio
dona lo Spirito senza misura».