In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta,
andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo
consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento
cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono
a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa
mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli:
“Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei
discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la
Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre
mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi,
profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io,
Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è
quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui;
ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per
quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono
forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».
Is 50,4-9 Sal
68 Mt 26,14-25
Gesù era un uomo di amicizia. Basta pensare alle varie
persone con cui ha intrattenuto amicizie personali, ai suoi incontri che non
erano incontri di massa, bensì incontri personali dove ha parlato con ogni
interlocutore in un modo personale e personalizzato (la Samaritana, Nicodemo,
il lebbroso, ecc.). Lui stesso chiama i suoi discepoli “amici”. Il peso del
tradimento di Giuda non riveste allora soltanto un significato teologico o
escatologico, per Gesù esso passa nei termini di un tradimento dell’amicizia. È
un dolore mortale che si accresce secondo la misura della grandezza
dell’affetto condiviso. «Non è forse un dolore mortale un compagno e amico che
diventa nemico?». Da piccoli ci insegnavano che ogni peccato è una spina in più
nella corona di Gesù. L’immagine è molto fantasiosa, ma cela una grande verità:
essendo il nostro Dio “Philanthropos” (amico dell’uomo), è profondamente
teologico sapere che il peccato – che è una rottura della relazione d’amicizia
con Dio – sia un dolore inflitto al cuore del Signore. L’importante non fare di
Giuda il capro espiatorio e riconoscere che «colui che ha messo con me la mano
nel piatto, è quello che mi tradirà» può essere me e te. In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta,
andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo
consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento
cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono
a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa
mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli:
“Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei
discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la
Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre
mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi,
profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io,
Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è
quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui;
ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per
quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono
forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».
Is 50,4-9 Sal
68 Mt 26,14-25
Gesù era un uomo di amicizia. Basta pensare alle varie
persone con cui ha intrattenuto amicizie personali, ai suoi incontri che non
erano incontri di massa, bensì incontri personali dove ha parlato con ogni
interlocutore in un modo personale e personalizzato (la Samaritana, Nicodemo,
il lebbroso, ecc.). Lui stesso chiama i suoi discepoli “amici”. Il peso del
tradimento di Giuda non riveste allora soltanto un significato teologico o
escatologico, per Gesù esso passa nei termini di un tradimento dell’amicizia. È
un dolore mortale che si accresce secondo la misura della grandezza
dell’affetto condiviso. «Non è forse un dolore mortale un compagno e amico che
diventa nemico?». Da piccoli ci insegnavano che ogni peccato è una spina in più
nella corona di Gesù. L’immagine è molto fantasiosa, ma cela una grande verità:
essendo il nostro Dio “Philanthropos” (amico dell’uomo), è profondamente
teologico sapere che il peccato – che è una rottura della relazione d’amicizia
con Dio – sia un dolore inflitto al cuore del Signore. L’importante non fare di
Giuda il capro espiatorio e riconoscere che «colui che ha messo con me la mano
nel piatto, è quello che mi tradirà» può essere me e te.